Pare di no, la risposta al titolo “È possibile una giustizia globale?” pare sia negativa. Anche se l’autore elenca, nell’irto § VII che è la sintesi del saggio, una serie di adempimenti promettenti, in tema di diritti umani, libertà di commercio, protezione dell’ambiente. La giustizia globale di cui si tratta è quella sociale, delle “aspettative di vita di uomini nati uguali”, non quella della guerra giusta o del diritto d’ingerenza. È che, riproposto in forma di libro, il saggio è in realtà un commento alle teorie di John Rawls. Di rilievo forse dottrinale, ma a nessun effetto pratico. Nemmeno di buona lettura.
Alle tante novità di giustizia globale il filosofo avrebbe potuto aggiungere la protezione dei minori, l’orario di lavoro, il salario retributivo. Insomma, l’egualizzazione delle condizioni imposta dal mercato, la globalizzazione di cui non si può parlare: a nessuno piace competere con la semi-schiavitù. Il saggio termina con una proposta, che si dice hobbesiana: arrivare ala giustizia globale accrescendo l'ingiustizia... Ciò che Hobbes constatava, non compiaciuto, verrebbe progettato.
Thomas Nagel, È possibile una giustizia globale?, con introduzione di Salvatore Veca, Laterza, pp. XXX, 71, € 8
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