Fantastica scrittura “doppia”, alla rilettura. Quelle che nel 1994, alla pubblicazione, erano sembrate le ennesime gesta del “Che”, nella sua missione segreta in Africa, sono una rappresentazione distruttiva – forse non involontaria, il 1994 viene dopo il 1989 (anche se l’accurato calendario degli sportamenti del “Che” prima dell’avventura africana evitano di menzionare Mosca e Praga): “L’ordine è che tutti i volontari siano neri”, etc. Volontari che sono tutti comandati, alcuni da Fidel in persona. Il “Che” s’imbarca per il Congo-Zaire, sul lago Tanganika, scrivendo nel diario che i tre avrebbero ritrovato di essere preoccupato per l’organizzazione.Scrivendo ex post evidentemente: “La cosa mi preoccupava perché il nostro passaggio doveva essere stato notato dagli imperialisti che controllavano le compagnie aeree e gli aeroporti…”.
I cubani in Africa continuavano a divertirsi insolenti, e la cosa non ha controindicazioni, non si fossero voluti maestri di revoluciòn per troppi. L’unico serio del gruppo, la guida interprete africana Antoine Godefroi Chamaleso, è chiamato “Tremendo Punto”. Né c’era bisogna di controllare gli aeroporti per sapere: Dar-es-Salaam, la capitale della Tanzania dove il “Che” fece base, con i fuoriusciti congolesi che vi gozzovigliavano a spese di Mosca, era un paesone in cui tutto si sapeva (il fatto è anche materia del romanzo di Astolfo, “Non c’è anarchico felice”, di recente pubblicazione – v. sotto).
Paco Ignacio II, Froilàn Escobar, Félix Guerra, a cura di, L’anno in cui non siamo stati da nessuna parte. Il diario inedito di Ernesto “Che” Guevara in Africa, intr. di Pino Cacucci
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