I lavori preparatori di “Barthes di Roland Barthes” ne confermano la duplice artificiosità. Seppure alleviata dal piacere della scrittura, a tratti. Vi si fa la biografia della non-autobiografia - o: l’interrogazione sterile dell’interrogazione, il concettismo (l'utopia sarebbe "un testo gongoriano", come "una sessualità felice"), il francesissimo vizio intellettualistico.
Nel 1973-74 Barthes propone se stesso a materia di studio. Nel mentre che pubblica "Il piacere del testo", con la famosa intestazione di Hobbes: "La sola passione della mia vita è stata la paura" - così falsa nella sua biografia. In lezioni e seminari scevera con gli allievi ogni forma del genere biografia, con la pretesa naturalmente di oggettivare, se stesso e il mondo, nel mentre che scrive la sua, di biografia, che uscirà l’anno dopo. Che riletta alla luce del “Lexique” si conferma l’ennesimo esercizio del sia-che-non. O, come egli stesso dice, "la semiologia fallita".
È la retorica di voler liquidare la retorica. Illusoriamente piena, come ogni destrutturazione, o reinvenzione della realtà. Un’anamorfosi biologica, di creazioni sempre più complesse, invece che geometrica, deformante. “La moda strutturalista” Barthes titola la vignetta di Maurice Henry che lo raffigura con Foucault, Lacan e Lévi-Strauss: “Attraverso la moda, torno al mio testo come farsa, come caricatura. Una sorta di «ciò» collettivo si sostituisce all’immagine che credevo avere di me, e sono io, «ciò»”.
Roland Barthes, Le Lexique de l'auteur, Seuil, pp.430, €25
Barthes di Roland Barthes, Einaudi, pp.221, € 18,50
sabato 20 marzo 2010
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