“È vero: le regole sono brutali, arbitrarie, ideologiche. L’iscrizione si chiude alle 12,00, io arrivo alle 12,01 e trovo l’ufficio chiuso. Eppure, proprio queste regole che tagliano, definiscono e limitano sono l’unica risorsa che possediamo…”, esordisce Franca D’Agostini, che firma il fondo di “Tuttolibri” sabato. Leggere libri esenta dal frequentare un vero ufficio pubblico? Coi numeretti? Le ore per ogni pratica. I caffé, la sigaretta, i crampi di stomaco, i “mi assento un attimo”. Perché scriverne allora?
L’argomento è comune con il costituzionalista Zagrebelsky. C’entrerà l’ipocrisia torinese? Certo, non si può pretendere che ognuno frequenti i Tribunali, specie le sezioni dove e quando si presentano le liste elettorali. Ma, allora, perché sermoneggiare?
“Tuttolibri” dedica molte pagine all’8 marzo, con libri e personaggi anche interessanti. In copertina Mirella Serri fa un raffronto fra la donna forte, e libera si suppone, del “secolo scorso” e quella di oggi. Quella del secolo scorso impersona in due novantenni, Marisa Rodano, che ha il culto di Togliatti, e Teresa Mattei, che uccise Gentile (avrebbe anche inventato la mimosa invece della violetta, come proponeva Luigi Longo: insomma l’8 marzo è del Pci – ma si fa il suo nome per non nominare Rita Montagnana, la moglie del Migliore è sempre tabù). La donna di oggi “Tuttolibri” vede velina e un po’ escort. Non solo in Italia, precisa, anche negli Usa. C’è ancora il centralismo democratico?
Tra le donne mito del secolo scorso il settimanale invece ricorda con nostalgia Little Annie Fanny, cui la Magic Press dedica “un coloratissimo volume”. E non ha torto: Annie Fannie non è male.
I giapponesi, o sono cinesi, alzano gli occhi stanchi nella loro dura visita di Roma in una notte e due giorni, mentre seguono la guida implacabile col bastone a la bandierina, la fronte sudata anche a marzo, e di sbieco, senza neanche inquadrare, fotografano distrattamente la colonna Traiana, i due pini residui non sacrificati all’abbellimento urbano, la cancellata del Vittoriano, i cavalli alati in alto, la rotatoria di piazza Venezia, di cui non ricorderanno nulla.
Quanto diversi dai giapponesi che a Firenze attorno al 1960 fotografavano meticolosi Cellini e Michelangelo, in ogni piega, le vetrine, la disposizione degli oggetti nelle vetrine, e le sedie. Quelle dei caffè, imbottite, di Vienna, thonet, a spalliera rigida, a spalliera ricurva, anche quelle del Niccolini, teatro decaduto dove peraltro erano legate con una catenella perché non se le portassero via, perfino quelle pieghevoli che usavano al teatro dell’Orologio, roba da dopolavoristi. Il turismo ha domato anche gli asiatici: c’è un rimedio a tutto.
Ruggero Guarini scrive al “Foglio” venerdì indignato contro i partiti. Forte di Simone Weil, che li voleva abolire.
Ma Simone Weil voleva aboliti i partiti totalitari, che vogliono tutto dall’uomo. Cioè, quando scriveva, il partito Comunista. Potenza del Partito, anche su uno come Guarini!
A Balducci non trovano il tesoro delle tangenti. Trovano in compenso che è gay, pur essendo padre di famiglia, e per questo Quattrocchi lo sputtana, con la complicità dei migliori giornali. Di croniste giudiziarie tra le quali la professione di lesbismo non è rara.
Una tipica prima pagina del “Foglio” si argomenta “così”: “Così Lombardia e Lazio accelerano la crisi matta”, “Così il popolo del Cav. si sfoga”, “Così la magnifica Gabby è la nuova regina di Hollywood”. Ferrara è didascalico: crede al magistero.
Loiero e De Magistris vanno al voto insieme. Certo, non si sono ancora sparati.
In tutti gli scandali c’è sempre un infiltrato. In quello della Protezione Civile è Anemone? È lui che inguaia tutti i personaggi in commedia, compreso Bertolaso, e il proprio cognato, funzionario dei servizi segreti.
I Ros (del generale Ganzer) contro i servizi (che il generale hanno inguaiato a Milano)?
Non si fa mai male a pensare male di questa giustizia delle intercettazioni e dei processi scandalo. Si sapeva (si sentiva, si vedeva) che Provenzano era informatore dei carabinieri, ora c’è solo la conferma. Si sa (si sente, si vede) che i processi di Palermo a base di Ciancimino e Spatuzza, e quello della Protezione Civile, sono opera di un certo gruppo d’investigatori.
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