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Dio - È il padre nel senso umano, storico e metastorico, del termine: amoroso e violento, intelligente e stupido, provveditore e dissipatore. È la legge e il crimine, nella storia. È nella metastoria la realtà irrealizzabile del desiderio, una tensione, anche convulsa.
Donna – La liberazione della donna ha fatto emergere molte parti oscure della libertà. Di attitudini mentali e fisiche: tradizione, ruoli, psicologia. E di sofismi non tanto lievi. Specie di quelli che pretendono la disintegrazione del sé come il segno maggiore di libertà
Ebraismo – È curiosamente agiografico, anche quello italiano che era sempre stato laico: non solo la creazione ma tutta la storia, quella buona, è ebraica, da Riccardo di Segni, “Il vangelo del ghetto”, a Anna Foa, “Ebrei in Europa”. Per un’anacronistica reviviscenza dell’ideologia ottocentesca dei primati nazionali, in una col nazionalismo d’Israele. Per l’orgoglio anche, che è la cifra caratteriale della cultura ebraica – c’è qualcosa come il carattere di una cultura. Non mitigata dall’Olocausto, stranamente, ma rafforzata e anche acuita. In contrasto con l’altra cifra caratteriale storica, la prudenza.
Giudice – Incute istintivo timore, impersonando la giustizia. Che è il fondamento dell’umanità, l’ambizione della filosofia, l’oggetto del socialismo. Ma i giudici sono altra cosa: sono funzionari litigiosi. L’orizzonte hanno limitato alla giurisprudenza e al proprio sé.
Mito – La mitologia è moderna, se nn contemporanea. Le sterminate raccolte, di Greaves, Kerényi, che sono folklore anchilosato. Per i greci, per restare alla nostra cultura, il mito non restava fuori né veniva prima del logos, la filosofia, e della vita pratica, la métis.
Natura - È coltivata. È un modo d’essere – dei minerali, vegetali, animali, dei fenomeni. Durevole ma mutevole: adattabile, flessibile, conservativo.
Opinione - È cura. E può essere tutto: il discorso della cosa che sempre più finisce per essere la cosa, non mondo dell’informazione.
Parola - È il bene comune, cheap più di una goccia d’acqua. Il più libero anche. E il più nocivo.
Passato - È più difficile da scoprire dell’avvenire. A questo porta una sola traccia, mentre verso il passato le tracce sono tante e nessuna mai s’invera, se non per la presunzione dello storico – senza sua colpa, lo storico sa quello che sa.
Pensare - È ordinare le parole, inventare un senso. Con o senza legame con la verità, se non quello dell’esistente, del reale.
Perfezione - È l’idea della vita: non si è per essere perfetti.
Progresso - È romantico in Schlegel (“Dialogo sulla poesia”, piani per “Athenäneum”). E quindi è tradizionalista.
Psicanalisi – Decolpevolizza e dà un senso alla vita, come la confessione. Ma è anche la prima terapia che esiga tempo, molto e non poco. E per prima, e sola, dà l’illusione dell’autoguarigione. Si può anche dire che per prima, e sola, porta il paziente al livello del terapeuta, gliene dà gli strumenti. È la democrazia della terapia.
Ragione - È la madre del dubbio. Una madre ostile, presuntuosa. Che non protegge e non salva.
Resurrezione – Ricorre più volte nella vita. Dove dunque si registrano più morti.
Storico – Il buon storico è un buon retore: rende evidente – necessaria – la sua verità, e ciò che non vi rientra dissolve.
Se è sanguigno, alla Machiavelli, si divertirà all’osteria tra una seduta aulica e l’altra con i grandi della terra.
Verità - È l’essere, che è tensione all’essere.
Quella non detta non è.
Viaggiatore – Torna estraneo, avendo visto più cose. E più spesso non è atteso, anche se non ha lasciato cattiva memoria.
zeulig@antiit.eu
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