zeulig
Amore - Giace nel loculo in cui lo ha intombato Madame de Lafayette, che ne aveva orrore: si muore d’amore nei suoi geometrici racconti. Mentre prima si moriva correttamente d’amore negato.
Ma è vero che c’è un amore mortuario.
Ce n’era di più quando ce n’era di meno. Pima non c’era la disponibilità, ma la scintilla reciproca scoccava di frequente, almeno nei testi. Ora che c’è la disponibilità perfino spasmodica nei settimanali femminili e nei mensili maschili, si moltiplicano i singles, nei testi e nelle statistiche.
È la ricerca della bellezza? L’estetica è passione amorosa, è della stessa natura. La bellezza prende e immette in ogni suo rapporto. Che sempre però è concluso: di coppia, parentale, fraterno, di gruppo. È anche la bellezza un ideale intimo? I canoni estetici in realtà sono personali, è vero – anche quelli classici, così determinati.
La bellezza è l’amore, amore divino, in Platone, che ne parla molto.
Bellezza - È un riconoscimento, anche non sappiamo di che. Il riconoscimento è il procedimento più rassicurante della narrazione: lo straniero che ci sta di fronte è l’essere dei nostri sogni più amati.
Si può dire la bellezza vera, anche quando è inquietante o sciocca: Elena, la vedova nera, Circe. È il meccanismo del divismo, la nostra mitografia: l’oggetto del divismo – è un oggetto, non un soggetto – spesso è sciocco ma sempre è affascinante, per la bellezza che irradia.
La verità è una dichiarazione di bellezza?
Canto - È l’arte più umana – più democratica – di tutte.
Cinema - È il linguaggio delle ombre e perciò deplorevole (E.Zolla, S.Weil)? Ma è anche il linguaggio della luce. Simone Weil lo assomiglia alla caverna di Platone, dentro la quale siamo incatenati a guardare le ombre: “Ciò mostra quanto amiamo la nostra degradazione”. Ma se le ombre sono un linguaggio è in virtù della luce: le ombre sono giochi di luce. La caverna di Platone è degradante in quanto vi siamo tenuti in ceppi, ma questo non avviene a opera delle ombre o della luce, è la “condizione umana”. La luce – l’ombra – è il linguaggio di Dio, da qui la sua forza.
Va in parallelo col reale sociale, mentalità, mode, tic, linguaggi. Ha rispondenza immediata e mobilità, mentre le altre espressioni d’arte sono persistenti, volendo interpretare la realtà invece che rifletterla, vanno per decenni e perfino per secoli – si dice il Seicento in pittura, il Novecento in letteratura, il cinema, è vero, ha solo un secolo, ma non va per decenni o altri segmenti “storici”. Perché ha la mobilità dell’industria, che altrimenti non sopravvive (chissà che ne avrebbe detto Marx, che l’industria così bene ha leto): il suo marketing, o incontro col gusto, dev’essere istantaneo. Determina anche in buona misura il gusto che rappresenta. Per essere l’espressione d’arte per eccellenza.
È in questa rispondenza la chiave dell’immagine come strumento propagandistico principe. L’arte porta a riflettere e solleva, l’immagine trascina. Nel cinema l’immagine e il dialogo vanno veloci, e l’effetto è di insieme – di struttura.
È forse un’arte agli inizi. L’inizo di una cultura di massa, per esempio, o di una Regolata Oggettività. Che viene dall’America. L’universo freddo e semplificato previsto da Lovecraft e Rice Burroughs. Quindi soggetta a sviluppi magari positivi, oltre che innovativi. Non esente però da manierismi. E da quella violenza totale che è il buonismo, il conformismo cioè e la stupidità dei buoni propositi – “Festen”, il film più trasgressivo, ne è il paradigma.
Creazione – Non può essere che continua – è nello stesso concetto di Dio.
Cuore – È l’organo dell’epoca: della poesia, la filosofia, la religione, la rivoluzione. Con la sua passione specifica, l’Amore. Come già nel Cinquecento, quando entrambi finirono nelle guerre sterminate di religione.
Intelligenza – Si apre con l’immaginazione. È la fantasia che guida il cocchio, lo fa procedere. Altrimenti è statica, né la natura le parla né i fatti.
Ma non c’è un’intelligenza immobile. L’assenza d’intelligenza è l’assenza di fantasia?
Morte – Fissa le cose per sempre. Per il bene e per il male. Ma dà loro uno spessore, seppure sempre nell’ambiguità tra vero e falso: un’amante morta, per esempio, è un’amante per sempre. L’eternità è un susseguirsi di baluginii informai. La vita è piena di senso in quanto è un susseguirsi di sparizioni e superamenti.
Nichilismo – È una reazione, che altro? A Hegel. Il mondo che esso nientifica è quello di Hegel, e poi dell’American Dream. Una cosa un po’ troppo semplice, e del genere soprammobile, i nanetti in giardino.
Ozio – L’inattività, anche programmata (l’impassibilità o atarassia), è un equivoco. È essa stessa, in quanto dottrina o modo di essere, fonte di attività e passione. Senza, sarebbe noia e angoscia, cioè il suo opposto.
Psicanalisi - È la riduzione della realtà, anche subliminale, a un linguaggio. A uno solo, preciso e delimitato, per essere scientifico. È la riduzione del linguaggio a un linguaggio.
Religione – I fatti sono semplici: è la morte un fatto naturale? è il male nella natura delle cose? La risposta è fattuale: qualcosa c’è. Ma è anche sempre individuale: la religione è per questo una e diversa, è individuale. La risposta non può essere univoca perché la religione è un esercizio mentale: è una constatazione d’ignoranza.
È in questa constatazione il timor Dei: senza, si diventa sfrenati.
Sesso - È durissimo livellatore. Toglie senso e sapore a molta storia: infanzia, vecchiaia, famiglia, verginità (sublimazione). Toglie anche il piacere della carne, nel mentre che la moltiplica in immagine. È una ritenzione che propone, un’immensa cupola del desiderio, nel mentre che annulla le diverse esperienze della vita.
Vecchiaia – La sua saggezza viene per autoattribuzione, il mondo essendo – essendo stato – governato perlopiù dai vecchi. Ha passioni distruttive, la decadenza, il cinismo, l’incertezza, la querimonia, il didattismo, oppure non ne ha, è fredda. Non è l’osservatorio migliore per capire la vita, e non necessariamente ha accumulato conoscenza – non sa e non può tenere il contatto con gli eventi.
Verità – Si esaurisce nella comunicazione: dire la verità è dire quello che si sa, di cui si è a conoscenza. Né c’è altra verità, se non la comunicazione.
La verità è solo ciò che si dice – si sa, si dice per saperlo saputo. Saputo per averlo imparato (comunicato) o intravisto.
zeulig@antiit.eu
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