sabato 17 aprile 2010

Bancarottieri al governo della moneta

È il sogno di ogni banchiere: far pagare il conto alle banche centrali, agli Stati. È tutta qui la storia della finanza, dai tempi “eroici” dei Rothschild che facevano i governi a Londra, Parigi, Pietroburgo, e a Washington. E non è cambiata in questa epoca di codici etici, a copertura delle grandi ruberie. Il sogno non ha smesso neanche con la conquista bancaria dei giornali e dei partiti, in Europa e negli Usa.
L’uomo della banca peraltro non si nasconde. È sempre gente con grande pelo sullo stomaco, per la quale niente esiste al di fuori dell’arricchimento. Seppure coronandolo, in questa epoca di vocale solidarismo, di un po’ di filantropia, oltre che di codici etici. Goldman, ora sotto accusa per la forma, aveva il ministro del Tesoro di Bush, Paulson, quello della speculazione durissima contro i mutui immobiliari non garantiti, e poi del piano di salvataggio da 700 miliardi. Come aveva in precedenza il ministro del Tesoro di Clinton, Robert Rubin, quella del "nessun vincolo alle banche". E ha ora quello di Obama, Geithner. Che non si dimette, dopo che la Sec, alla fine, traccheggiando, in qualche modo ha dovuto mettere la sua banca sotto accusa, e non si scusa. Come Draghi, peraltro. Che è sbarcato al governo della Banca d’Italia direttamente da Goldman, e da qualche tempo si fa candidare con una mozione in Parlamento alla presidenza della Banca centrale europea, ma non sente il bisogno, nonché di scusarsi personalmente, di criticare la banca.
Si vuole che la crisi abbia rimesso in moto il keynesismo, una sorta di governo pubblico dell'economia. Per via dei salvataggi. A costo di grave indebitamento per l'erario. Ma la verità di questa crisi è, sarà, un'altra. Intanto, gli Stati continuano a contare poco o nulla, e quel tanto lo devono al nuovo debito - il debitore va considerato. La crisi, che è ben lontana dall'essere finita, si svolge come era cominciata. Essa è certamente figlia delle banche e dei fondi, che hanno fallito la gestione dei capitali e del rischio, il loro "mestiere". Ma è anche figlia dei regolatori, del benign neglect di Alan Greenspan per primo, che non credeva alla regolamentazione dei mercati, giusto a un'opera di vigilanza urbana a semafori. Per primo cioè della Federal Reserve, la vera banca mondiale, dal 1988 al 2006.

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