Non finisce si stupire, i pochi che pensano che il calcio sia divertente, il processo napoletano a Moggi e alla Juventus. In cui non si sa se i carabinieri sono corrotti, o i giudici, e i giudici sportivi. Che si sono dimenticati tre quarti delle registrazioni che loro stessi avevano effettuato. O se non sia corrotta Napoli, poiché napoletano è l’investigatore, il colonnello Auricchio, napoletani i giudici ordinari, napoletani i giudici sportivi, i terribili Palazzi e Borrelli – anche se, certo, la gestione dell’affaire è stata ed è milanese. Non si finisce di stupirsi che possano agire in piena impunità avendo commesso una serie di reato molto gravi. Rispetto ai quali, per intendersi, quelli ci Moggi sono minori. L’abuso delle intercettazioni, non legate a nessuna ipotesi delittuosa se non quella di incastrare la Juventus. L’uso selettivo delle intercettazioni stesse. L’uso strumentale delle intercettazioni e delle ipotesi di reato, fuori dal processo. L’occultamento di prove di reato: dalle intercettazioni residuate si evince un contesto di relazioni continuative e consuete tra Facchetti, Moratti, Galliani, Collina, Bergamo, che invece non è agli atti. L’interrogatorio è per più aspetti reticente del colon nello Auricchio, l’investigatore del caso e informatore dell’Espresso.
Non sarebbe la prima volta che i carabinieri tradiscono. Il libro-memoria affidato da Edgardo Sogno a Aldo Cazzullo fa stato, incontestato, di una mezza dozzina di generali di carabinieri golpisti con lui negli anni 1970. Il Comando generale dell’arma organizzava nell’estate del 2006 lussuose presentazioni degli atti dell’inchiesta addomesticata, nella sede di rappresentanza a via in Selci a Roma, sotto il Mosè di Michelangelo. Il colonnello Auricchio magari è una perla d’uomo e lo dimostrerà nel processo. Ma nessuno gli chiede di dimostrarlo, a fronte delle gravi ipotesi di reato emerse.
mercoledì 7 aprile 2010
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