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martedì 20 aprile 2010

Il mondo com'è - 36

astolfo 
Banche Usa – Governano il paese. Attraverso l’informazione economica, che controllano. E direttamente, da Washington. I ministri del Tesoro degli ultimi tre presidenti sono stati dirigenti di banca, presidenti o co-presidenti, tutt’e tre della Goldman Sachs: Robert Rubin della prima e della seconda presidenza Clinton, Henry Paulson della seconda presidenza Bush, Geithner di Obama. Un altro Paulson, John, alla Goldman Sachs guadagnò nel solo 2007 quindici miliardi di dollari (di cui quattro per sé stesso) speculando sullo scoppio della bolla mutui non garantiti: è solo un omonimo del ministro, ma dice come lavorava la banca. I ministri del Tesoro raramente sono negli Usa degli economisti o grandi burocrati, normalmente sono uomini d’affari. Ultimamente, prima e anche durante la crisi, banchieri. La democrazia è grande in America. Ma è dominata dagli affari. Indirettamente, attraverso i finanziamenti elettorali, che hanno raggiunto somme spropositate. E direttamente, attraverso la presenza nei posti chiave del governo federale. Meno nei governi dei Bush, padre e figlio, un democratico europeo il primo, un fondamentalista il secondo, con qualche valore suo da salvaguardare. Più con le presidenze democratiche, di Clinton e di Obama. Entrambi portati dallo stesso establishment per gli stessi motivi: giovanili e anche belli, ma soprattutto inesperti e malleabili – “affidabili”. Rubin, co-presidente di Goldman Sachs dopo 26 anni di servizio, fece abolire nel 1999, da ministro di Clinton, il Glass Steagall Act, la vecchia legge bancaria degli anni 1930, che separava le banche commerciali da quelle d’investimento. E lasciò cadere la richiesta di Clinton di regolare la nuova attività dei derivati, la leva finanziaria senza freni che ha condotto alla crisi, argomentando che i derivati erano uno strumento per pochi operatori sofisticati. L’anno scorso è stato licenziato dalla banca Citigroup, dove era entrato dopo il ministero, dapprima come superconsulente e poi come presidente. Ma dopo avere intascato 126 milioni di dollari di competenze. Alla Citigroup si era segnalato nel 2001 per le pressioni esercitate sul Tesoro a favore di Enron, il gruppo dell’energia poi fallito che era grande debitore della banca: Rubin voleva che il Tesoro dissuadesse le agenzie di rating dal declassamento del debito Enron. Paulson nel 2004, da presidente e amministratore delegato di Goldman Sachs, impose alla Sec, la Commissione di controllo della Borsa, l’abbandono dell’obbligo della riserva bancaria anche per le attività di brokeraggio – di investimento cioè per conto di sottoscrittori di fondi. E combatté successivamente con successo altri tentativi di regolazione. Nel 2008, da ministro, varò il superpiano di salvataggio delle banche, di 75, poi mille, miliardi di dollari. Dopo aver lasciato fallire alcun banche concorrenti di Goldman Sachs.

Burocrazia – Quella privata è inflessibile. Unisce alla ridigità dell’organizzazione quella inderogabile del comune sentire, per appartenenza, interesse, dovere: severamente gerarchizzati e tutti per uno. Chi non ci sta automaticamente si espelle: non si possono avere due volte di seguito idee divergenti, spesso neppure una volta. La burocrazia pubblica consente, grazie all’inamovibilità, opinioni differenziate. Grande pregio, anche se ha il difetto di rallentare insopportabilmente sia le decisioni sia soprattutto l’esecuzione (ma il ritardo-rinvio è tipico in particolare dell’amministrazione italiana, e riflette il tentativo, che si dice razionalista pur finendo per essere corruttivo, di eliminare la discrezionalità con miriadi di regolamentazioni, inapplicabili per tortuosità e numero). Il corpo dei Prefetti è molto più libero di quello dei funzionari della Fiat.

Chiesa – È il fantasma dell’impero romano seduto sulla sua tomba, dice Hobbes. Era la chiesa di Gregorio Magno.

Economia - È pervasiva, il linguaggio dell’epoca, ma sempre inerte. Non muta natura per il riesame epistemologico (Foucault), sociologico (Baudrillard), psicanalitico (Bataille), antropologico (Lévi-Strauss, Malinowski), storico (Braudel, Wallerstein). Ma sempre indefinita, o evanescente, come progetto e come capacità di analisi. Più spesso è una teorizzazione, per dare ordine e potere al lavoro dei tecnici, esecutivo. Schemi magari complessi, grazie all’informatica, ma presto obsoleti, nello spazio di mesi. Oppure è fatta di politiche: programmi, piani, accordi, proclami, ideologie e scampoli, moralités, e l’elzeviro immancabile. Gli eventi e i movimenti, oltre che avvenire come sempre, come i fenomeni naturali, fuori dalle capacità di previsione, sono governati fuori dalle sue capacità di analisi: il New Deal come il reaganismo o il thatcherismo. L’economia politica si è sviluppata con l’industrializzazione. Oggi l’industria non è più al centro della vita produttiva, e l’economia politica è in declino. La scienza economica e, era, la scienza dell’industria, da Adam Smith a Marx e Schumpeter? Il presupposto dell’attività economica è sempre lo stesso che a fine Settecento, l’utilitarismo (bisogno, desiderio, individuo, etica del lavoro). Come lo fu per il marxismo mutando l’individuo-nazione in individuo-classe. Ma oggi la produzione e l’informazione sono diffuse, e l’etica dell’accumulazione non è più legata al lavoro. Ci sono più diritti sul mercato. E c’è un mercato legato da altre fonti di equilibrio che non il lavoro: la politica (decisioni, fisco) e i consumi. In realtà sull’accumulazione intesa come risparmio prevale il consumo, che sempre è dissipazione. Una forma di razionalità che la scienza economica continua a non riconoscere, malgrado Mandeville e la “Favola delle api”. Giornalista - Dovendo evidenziare la realtà, è quello che la “vede” meno. Ha questo handicap: ogni evento o aspetto deve rappresentare in modo “unico” (diverso, singolare, brillante, paradigmatico, esemplare….) a scapito del significato d’insieme.

Giustizia – In Italia è fatta spesso d’ingiustizie (scarcerazioni facili, carcerazioni preventive, prescrizioni immediate) in omaggio alla legge. Non è costituzionale ma legale e procedurale. Comprese le pronunce della Corte Costituzionale: referendum, emittenza, diritti sostanziali (perequazioni, pensioni), perfino le Fondazioni bancarie e la Cassa depositi e prestiti. Ognuno vede che questo egalitarismo non è giustizia, eccetto i giudici. Che per nulla al mondo al egalitarismo rinuncerebbero. Televisione – Il suo dominio sula società e la comunicazione è un’illusione, che deriva dalla sua pervasività (aggressività dell’immagine, ripetizione, linguaggio aggressivo). È anche una mania – come di chi pensa che il mondo è diretto dalle puttane, poiché se ne trovano ovunque, o dai massoni, che amano crederlo. È la rete più vasta e pervadente, ma subisce più che imporre: subisce la politica e gli altri interessi forti, dalla banca al calcio, e gli stessi linguaggi e la moda. Non si è potuto fare un Pivot in Italia. E un Panariello proiettato in America non farebbe ridere. Berlusconi ha vinto malgrado la tv, dove appare imbalsamato e inaffidabile. Il mezzo è il messaggio è vero, per la tv come per internet, ma solo in piccola parte: per i deboli che comunque sono soggiogabili (mobilitabili, anche tramite sms: i girotondi). 

astolfo@antiit.eu

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