Incredibile racconto mortuario – nichilistico, si sarebbe detto al tempo di Dostoevskij. Tanto la morte vi è ubiqua, a ogni pagina, ogni riga, ogni parola, e turpe. A opera della scrittura femminile, si sarebbe detto al tempo delle sorelle Brontë. Sono morti anche i bambini, che mangiano le prugne verdi del titolo italiano, dal nocciolo ancora morbido. Il titolo originale, “Herztier”, è la bestia del cuore.
Storicizzato nella Romania di Ceauşescu al tempo dei visti, quindi nei tardi anni Settanta, ma non resistenziale. Per il razzismo: è il mondo tedesco del Banato, e ungherese, che guarda alla Germania, in una Romania rumena da brividi, sozza, famelica, bestiale. Di tedeschi rimpatriati delle SS, e pensionati della Repubblica federale tedesca. Anche i russi vi sono scimmieschi: golosi di orologi, ne rubano in quantità, se li mettono al braccio, uno sopra l’altro, anche dieci per ogni braccio, divertendosi ad ascoltarne il ticchettio, finché dura la carica, il soldato russo non sa leggere l’orologio e non sa che gli orologi si caricano. Né sono simpatici gli ebrei, vicini alla dittatura.
Una scrittura faticosa, paratattica e a specchio multiplo, ma avvincente. Per la ferocia dell’assunto. Seppure col limite politico. Pubblicato nel 1994, è stato tradotto nel 2008, quando la Romania rumena sembrò bestiale anche in Italia. A opera di un editore minimo di Rovereto, di nome Keller. Un limite che lo danneggia peraltro doppiamente: fino a ieri l’ultimo Nobel per la letteratura non ha potuto essere tradotto, non da editore primario, per l’anticomunismo, perché l’Italia è l’ultimo paese cominformista.
Herta Müller, Il paese delle prugne verdi, Keller, pp. 254, € 16
sabato 10 aprile 2010
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