Cultore inesausto del marxismo-leninismo, in edizione “ortodossa”, Parodi si segnala in questa raccolta per l’accento che pone sulla componente finanziaria per lo sviluppo, nonché sull’indistinzione pubblico-privato. Recuperando i pochi che hanno registrato il peso della finanza: praticamente il solo Cafagna, con alcuni storici del genovese Banco di San Giorgio. Evidenziando la povertà teorica e pratica di chi si ferma alla manifattura. Accoppiata al determinismo tecnologico, la manifattura porta inevitabilmente al “declinismo”.
È una posizione polemica, oltre che originale. Il centro del volume è il Seicento, quando l’Italia perdette il primato capitalista (Engels, nella prefazione 1893 al “Manifesto”, alla prima traduzione italiana: “La prima nazione capitalista è stata l’Italia”). Mentre decollavano Inghilterra, Olanda e Francia grazie alle Compagnie delle Indie. Ma qui l’aneddoto più fulminante della raccolta dice che il capitale non basta, ci vuole anche la capacità commerciale e industriale (e militare, nel senso della pirateria): “Falliva il tentativo di Genova di costituire nel 1647 una Compagnia delle Indie con un capitale di centomila scudi: le sue navi, costruite segretamente in Olanda, mandate in Oriente con equipaggio olandese, finirono ingloriosamente catturate dagli … olandesi”.
Lorenzo Parodi, Studi sullo sviluppo del capitalismo in Italia, vol. III, Lotta Comunista, pp. 448, con bibliografia, indice dei nomi e cenni biografici, € 20
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