L’ennesimo romanzo di costumi. Sull’amore che è follia. Che si fa e si disfa a caso, anche nell’adulterio, anche in casa. E c’è quando non c’era. Con gli inevitabili problemi di salute, età e soldi. Questo “Due”, pubblicato a marzo del 1939 e rimasto fuori dal revival fino a questa traduzione, conferma Némirovsky quale scrittrice intimista. Fu presentato dall’editore, dice il risvolto, come “il primo romanzo d’amore di Irène Némirovsky”, ma potrebbe esserne il racconto tipo. I soliti giovani ricchi e sfaccendati pensano all’amore, tra i diciotto e i trent’anni. Dopo la guerra, altro topos frequente in Némirovsky, quando anche lei aveva vent’anni. Quando tutto sembra possibile, nella disattenzione che non sia voglia di vivere – farsi abbracciare, abbracciare, aspettare, congetturare.
Si può anche dire Irène Nèmirovsky romanziera del cuore. Di figlia, madre, sposa, giovane amante trepida. Segnata dalla guerra ma giusto come tempo del mondo, per sottolineare il grande dono che l’ananke porta a trascurare. Di cifra però superiore, che ne spiega la forza persistente: i suoi romanzi e racconto sono sempre una sorta di "vita quotidiana" del tema che trattano. Qui del matrimonio, di lei e di lui, e dell'adulterio, sempre di entrambi: un manuale pratico, se non è la sociopsicologia.
Sopraffatta nel revival dalla questione ebraica e dalla sua fine a Auschwitz, Irène Nèmirovsky è scrittrice aliena in certo senso dalla storia. Non dalla guerra, la rivoluzione, la persecuzione, il razzismo, ma innamorata della vita e di questo solo in fondo curiosa: in particolare delle incertezze dell’amore, della coppia. Per un neo lettore di Némirovsky, un lettore del ripescaggio, il libro si segnala per il contesto che manca. Nel marzo del 1939.
Irène Némirovsky, Due, Adelphi, pp. 237, € 18,50
domenica 18 aprile 2010
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