mercoledì 14 aprile 2010

Nessuno scrive al colonnello Auricchio

Non si saprebbe simpatizzare col colonnello dei carabinieri Auricchio, benché sia adesso lui da alcune udienze sul banco degli imputati al processo napoletano alla Juventus e a Moggi. L’imputato, seppure di fatto, suscita sempre compassione. Ma questo è un colonnello vero, dalla scorza dura. È napoletano ma si dice romano. Ha condotto una inchiesta presuntamente napoletana pur comandando il reparto operativo dei carabinieri e Roma. L’ha condotta male, costringendo la Procura di Napoli a chiedere quattro rinvii semestrali del dibattimento. Ma, questo è il problema con lui, l’ha condotta male non per errore o imperizia: voleva colpire la Juventus e l’ha fatto. Basta leggere i volumi dell’inchiesta sul calcio da lui introdotti per “L’Espresso” per rendersene conto: intercettazioni selettive, articoli di giornale, molte doppie negative (“non si può non”), e molte consecutio. Il pm napoletano dell’inchiesta Narducci prende ora le distanze da lui: “La Procura di Napoli, contestualmente alla richiesta di rinvio a giudizio, ha preso atto per tantissime situazioni del fatto che gli elementi erano scarsi, insufficienti, si prestavano a equivoci. La questione era e resta un'altra: riesce questa attività di indagine attraverso intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di persone informate sui fatti, ricostruzione del traffico riservato (le sim estere, ndr), a fornire un dato probatorio sicuro, ovvero che è stata organizzata una alterazione complessiva del campionato? Noi crediamo di sì». Il fatto è che le intercettazioni scartate non erano di natura diversa da quelle allegate all’accusa, Narducci lo sa, e in realtà vuole dire: “Che ne so io? Io non ho letto tutte le trascrizioni, chiedete ad Auricchio”. Anche per questo si vorrebbe simpatizzare col colonnello. Narducci è con lui perfino cattivo, gli suggerisce le risposte come se lo rimproverasse. Anche il grado in definitiva è simpatico. I colonnelli si associano normalmente ai golpe, la qualifica sembra essere distruttiva. Ma Garcìa Marquez l’ha rinobilitata, col racconto commovente “Nessuno scrive al colonnello”. E Auricchio rientra in questa categoria, benché giovane e allicchettato: vederlo frastornato in aula, tra tanti marpioni del diritto, procuratori, avvocati e giudici, induce una certa tenerezza. Condita di sollievo: se gli intercettatori sono così pasticcioni, qualche spiragio di libertà ancora c'è. Ma, poi, questo è un ufficiale superiore dei carabinieri. Che ha falsato volutamente un processo. Le difficoltà a sostenere il dibattimento in tribunale avrebbero già dovuto portare alla sua incriminazione. Ma questo non avviene, e naturalmente non avverrà: a Napoli c'è solo da condannare la Juventus e Moggi. E sucede che il colonnello finisce per pagare colpe non sue, diventando, oltre che colpevole, antipatico. 
 P.S. Si parla di un processo inimportante, non ci sono assassinii, non c'è corruzione, e in fondo nemmeno a Moggi importa la condanna che avrà a Napoli, tanto sarà assolto in appello, per dire la condizione abnorme in cui giudici e inquirenti hanno precipitato la giustizia: al tribunale di Napoli manca solo il pazzariello, è questo che si cerca?

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