Un viso solare da una parte, visi torvi dall’altra, un po’ sporchetti. Non è piaciuta ai cronisti giudiziari, costretti alla messa in pagina delle “intercettazioni” dall’altra parte della storia, l’autodifesa di Bertolaso a palazzo Chigi. Nello speciale più seguito e più visto di Sky Tg, benché lungo un’ora e mezza. Perché il sottosegretario li ha presi al loro gioco: ha inscenato lui il processo nel quale i cronisti giudiziari lo costringono da tre o quattro mesi. Una mossa geniale. Partita palesemente da quella che è la “verità” della televisione: non conta quello che dico, conta come appaio. Che potrebbe aprire una nuova stagione della controinformazione, anche nei talk show, il computer consentendo di ripristinare dal vivo, con l’immagine, le superchierie della giudiziaria.
La cronaca giudiziaria, che domina il giornalismo italiano dal 1992, era la parte nascosta del giornale: un giornalismo viscido, dove circolano molti dossier, e informazioni pilotate di parte. E tale è rimasta, anche se fa le prime pagine e i quattro quinti del giornalismo. Al vecchio praticone delle questure e dei tribunali è succeduta la signorina laureata in legge, ma l’animo è sempre lo stesso: accusare. Senza scrupolo di verità, senza sensibilità, e senza nemmeno coerenza (si può dire oggi il contrario di ieri). Se non c’è scandalo non c’è giornalismo, per questi cronisti. Il tutto sempre nell’ombra, senza mai dichiarare la fonte, o l’interesse che si sta servendo, economico o politico che sia.
Il lato oscuro della cronaca giudiziaria è anzi, se possibile, peggiorato. Per due aspetti non secondari. Il primo, e più importante, è che il cronista giudiziario fa ora parte di un’associazione a delinquere - ora cioè col moltiplicarsi dell’indiscrezione. La guerra tra Sarzanini e D’Avanzo a chi arriva prima sullo scandalo potrebbe essere epica, se non fosse squallida. Il giudiziario non può avere le necessarie indiscrezioni (anticipazioni, intercettazioni, voci) se non in un sistema di scambio con procuratori, avvocati, mediatori, e funzionari pubblici infedeli, nella magistratura e nella polizia giudiziaria, che trafficano le informazioni riservate. Alcune volte per soldi. Altre volte per favorire un concorrente contro l’altro. Più spesso per il mercato delle influenze: il sostegno per la carriera amministrativa, politica, di pentito, di mercato.
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