venerdì 14 maggio 2010

I fatidici Quattrocento

Quattrocento è un numero che viene da lontano: si arriva ad Anemone, o alla Guardia di Finanza, partendo da Tucidide. Un numero di battaglia: molta sovversione è targata Quattrocento. La prima è quella di Antifonte, che il filologo classico Canfora, il miglior narratore forse finora del millennio, ha ricordato in “Storie di Oligarchi” e “La lista di Andocide”. I Quattrocento erano il Consiglio oligarchico di Atene, istituito nel 411 a.C. dall’Assemblea rivoluzionaria, cioè aristocratica, su proposta di Pisandro. Non concordi, né golpisti, non tutti: i Quattrocento s’imposero democraticamente, Pisandro convinse l’Assemblea democratica che erano meglio della democrazia. Lisia se ne fece avvocato nella disgrazia: “Non è il nome dei Quattrocento che deve provocare la vostra collera, ma gli atti di alcuni di loro”. I Quattrocento di Antifonte, sostituendosi ai Cinquecento del consiglio eletto, calcolarono al millesimo le indennità loro dovute fino alla fine del mandato, e “le pagarono via via che quelli uscivano dalla sala”.
La fonte è sospetta, essendo Tucidide, un ateniese filo spartano. Al secondo libro della Guerra del Peloponneso, collazionato da Senofonte, che non è ritenuto un’aquila. Ma Tucidide è il nostro miglior storico. I Quattrocento sono peraltro in lui incidentali, tra Frinico e Antifonte. Erano infatti ordinari: c’erano prima in forma di società segrete antidemocratiche. Ne facevano parte pure Alcibiade, pupillo dello storico, e lo stesso Pisandro - che, oggi nome eponimo gay, nella fattispecie era un politico democratico. Furono peraltro discepoli di Socrate, e belli, Alcibiade e Crizia, gli ateniesi che imposero i Quattrocento. Platone, giovane allievo di Socrate, era nipote di Crizia.
Il numero ha avuto dopo d’allora scarsa incidenza nella storia. Si ricordano quattrocento streghe bruciate in un giorno, che danno a Tolosa un primato imbattuto. Quattrocento sono i segni e le linee del volto studiate da Giovambattista della Porta. Quattrocento statue di Cristo sono il record dello scultore tirolese Josef Kleinhanns, cieco dalla nascita, in aggiunta a innumerevoli santi e busti, tra cui quello dell’imperatore Francesco Giuseppe nel 1849, allora diciannovenne, dopo la repressione dei moti liberali e nazionali in Europa. Quattrocento miliardi di stelle ha la nostra galassia. Quattrocentomila erano gli uomini dell’amata napoleonica sconfitta in Russia – forse perché erano poco francesi, meno della metà. In quattrocento si calcola il numero delle cavie nere lasciate morire di sifilide, in Alabama, per studiare gli effetti del morbo. Upper 400 sono il circolo dei nobili a New York.
La congiura di Quattrocento si ripeterà invece spesso negli ultimi anni. È un numero destinato, si direbbe. Il Consiglio oligarchico di Atene fu rovesciato solo quattro mesi dopo essersi imposto – il numero quattro è ferale, spiega Elémire Zolla. Gelli vanterà quattrocento colonnelli in sonno per un governo dei colonnelli, dunque superaffollato. O così si disse nella serie di golpe annunciati, a cadenza bisettimanale, tra il 1975 e il 1976, quando Moro resisteva al compromesso storico di Andreotti. Quattrocento furono detti i brigatisti – ma a volte quaranta. Anche Sindona aveva i suoi quattrocento: erano i milioni di dollari americani che prometteva a Andreotti per lo sviluppo dell’Italia. E di quattrocento si applicò poi al salvataggio, insieme col governatore della Banca d’Italia Carli: i clienti speciali, con conti anonimi e ben retribuiti in solida valuta all’estero, a Nassau nelle Bahamas, del Banco di Roma.

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