“Rimase di stucco”, cápita di leggere aprendo a caso in libreria uno dei romanzi che fanno la classifica. E non è un caso: “Sbarcava il lunario” cápita di leggere, sempre sfogliando a caso, nello stesso romanzo. E “per soprammercato”. O in altri, sempre nuovissimi, sempre nei primi posti della lista, sempre romanzi che la libreria privilegia fornendoli in molteplici cataste agli angoli strategici, tutti editi da grandi case con grandi redazioni e apparati editoriali: “Era per indole un bastian contrario”, “Posso dire di averla scampata bella”, “Il gioco non vale la candela”. Si legge perfino: “Menava il can per l’aia”. E uno rimane di stucco.
Dice: la scrittura è volutamente sciatta, una sorta di bella scrittura al rovescio, sono romanzi, conta la storia. Ma le storie sono neorealistiche: risapute, noiose. Si conoscono ormai, benché non propagandate e anzi camuffate, varie tattiche del best-seller. Il capitolo in lettura gratuita, la valutazione col sorteggio di un premio, le anticipazioni su quotidiani e settimanali e le prenotazioni a sconto per creare il passaparola. L’occupazione delle librerie all’uscita con cessioni in bulk a metà prezzo, il prolungamento delle vendite in libreria oltre le canoniche due settimane col supersconto. Con lo strascico delle presentazioni, delle fiere, dei festival e dei premi per tentare il long-seller. Il tutto spruzzato in ogni fase da recensioni-presentazioni. È un investimento (di gratuito ci sono solo recensioni, si suppone), e va rispettato. Ma non si potrebbero scrivere i libri anche in italiano? Non costa nulla.
martedì 25 maggio 2010
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