Bobbio critica lo “Stato minimo” come espressione dei ceti proprietari, e lo assimila allo Stato carabiniere, mentre lo Stato sociale sarebbe la democrazia, la domanda di servizi discendendo da ceti e esigenze del grande numero. Ma lo Stato minimo non è la sua democrazia delle regole? Quella del principio russoviano che una democrazia bene ordinata vuole poche leggi, giacché la loro moltiplicazione le rende inefficaci e favorisce gli abusi e la corruzione.
Lo Stato sociale di questo “Futuro della democrazia” è lo Stato sovietico. Poco importa il processo di formazione del potere, se attraverso un pluralismo elettorale o un partito unico. L’esito è sempre monocratico, per la complessa dipendenza dal potere politico che questo Stato sociale implica: com’è inteso, benché non funzioni più per nessuno, è una ragnatela di doveri della collettività, più che di diritti dei singoli. Questi si affermano selezionandoli. È la selezione che consente lo Stato minimo, che individua i bisogni relativi e ad essi commisura il suo intervento. Stato sovietico o Stato cosiddetto del capitale: è il potere burocratico (partitico, della partitocrazia, del bonapartismo) che l’illuminato Keynes ci ha lasciato. Keynes cera nella fase di realizzazione, ma lascia l’economia in mano al governo. Cioè sottopone al potere politico tutta la vita, quella associata e quella familiare, la sfera privata dell’economia.
Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia
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