sabato 8 maggio 2010

Tradimenti intellettuali a perdere

Il Professore è arrabbiato, il mondo lo indigna. Ma il tentativo di Franco Cordelli di “aprire il dibattito” sul suo pamphlet, benché avviato con argomenti di peso, e sostenuto dal “Corriere della sera”, è caduto nel nulla. Il pamphlet stesso è della realtà che denuncia: la polemica vuole essere breve, ma non epidermica.
Ferroni vaga incupito, nella prima parte, a Torino tra la Fiera del Libro e piazza San Carlo, dove Maria De Filippi registra “Amici”. Trova tutto nero, non solo troppe chiacchiere ma anche troppi libri. In treno trova le conversazioni da treno. Che ci sono sempre state, almeno da quando ci sono i treni. Gli danno fastidio gli applausi ai funerali (quando c’era l’Avvocato Agnelli i giornalisti lo applaudivano sempre a Torino, quando ogni anno celebrava i successi di allora, avesse visto allora, Ferroni). Non ama i romanzi lunghi. E non sopporta “l’insopportabile arcadia del noir”. Propone allora un’ecologia delle comunicazioni, del tipo limiti allo sviluppo. Con “un’ecologia del libro, e della letteratura”. E dei battimani?
È un male comune. Altri accademici e critici militanti, da Citati a Pedullà, Ficara, Cortellessa, si sono trovati disoccupati nel Millennio. Ma ne hanno ragionato. Qui invece è come se il riservato professore, in età adulta, scoprisse il mondo. Nella seconda metà del libro non si perita infatti di salvare un centinaio di scrittori che la letto con interesse, compilandone schede lusinghiere. In particolare di racconti, le narrazioni brevi preferendo ai romanzi. La gioia, si potrebbe dire, del critico militante, che lavora sui testi e gli autori, da cui si era finora tenuto lontano, cento autori salvati in queste ultime stagioni non sono pochi. Scopre anche Arbasino, e René Girard. E dunque cosa affligge l’autore?
Ci sono un paio di modi semplici per attaccare questo nulla. Il più semplice è l’autonomia del critico. Il mercato dei libri disturba perché usa la critica a scopo promozionale; anticipazioni, sigillo d’autore, presentazioni, risvolti e quarte di copertina, recensioni, premi letterari. E la critica per ipocrisia o corruzione si presta. Le altre cose si vendono vantando doti intrinseche (qualità, solidità, durata, brillantezza). O con ausili esterni (personaggi, situazioni, dialoghi, slogan) in grado di richiamare l’attenzione. I libri si vogliono vendere con la critica, e i critici si acconciano – magari gratis.
Ferroni non ci fa caso: per lui il mercato (la contemporaneità) è brutto, e basta. Né fa caso all’altro evidente strumento di omologazone nell’indistinto: la coltre di smog che ha planato sulle lettere italiane. Dopo la lunga e sterile stagione del neo realismo obbligato. A opera dello stessa intellettualità, che, seppure perdente, resta dominante.
L’intellettualità italiana, compresa quella letteraria, è sopravvissuta al crollo dell’impalcatura che essa sosteneva, tanto invadente quanto arrugginita e soffocante. Non si è pentita (non ha fatto autocritica), come pure era abituata a fare sotto l’impalcatura per questioni anche minime, e quindi galleggia nel vuoto. Facendone colpevole il resto del mondo, e per prima ovviamente l’Italia. Da una trentina d’anni ormai. Tutto soffocando: uno scrittore nuovo, uno vero, un poeta, una poetica, un’idea? Tutta la capacità combinatoria maturata quando il Novecento era ancora in vita, di “decostruzioni, decentramenti, ricostruzioni del senso” (Ferroni) si è perduta in questa pervicace rimozione, a parte l’indignazione. Ferroni stesso, che è il migliore di questi peggiori, evidentemente ne è parte.
C’è una trahison des clercs molto palpabile nei giornali e nell’editoria, che però devono “stare nel mercato”. Quella della scuola, che manda fuori ragazzi che non sanno fare le addizioni, e dell’università, che lamenta i mezzi limitati mentre fa sprechi pazzeschi, di soldi e d’intelligenza, è solo tradimento e basta. Ferroni stesso lo dice senza volerlo chiudendo le tre pagine che dedica al romanzo di Veltroni: “Ma Berlusconi avrà bisogno di scrivere (o farsi scrivere) un romanzo?” È quello che fa la differenza (che fa vincere Berlusconi): Berlusconi non ha bisogno di menate il torrone, non si camuffa.
Giulio Ferroni, Scritture a perdere. La letteratura negli anni zero, Laterza, pp. 110, €9

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