Il filosofo segue i pittori lorenesi del Seicento Didier Barra e François de Nomé a Napoli, dove presero il nome collettivo di Monsu Desiderio. E si specializzarono in rovine, di palazzi, cattedrali, città. Per illustrare, scopre con sottile indagine, che dipingevano il crollo del cattolicesimo romano. C’è Napoli, naturalmente, al di sotto, qui, del vulcano. Roma con le vanità. E Nietzsche, cui Onfray fa dire: “L’arte alza la testa quando le religioni perdono terreno”. Nel Quattrocento per esempio, nel Cinquecento, secoli come si sa vuoti di arte. Oppure in questo Duemila, così pieno di arte, che la religione è scomparsa.
Le rovine di Monsu Desiderio, capita di leggerne due volte all’improvviso insieme, nel “Giorno della Locusta” (Nathaniel West) e in questa “Metafisica”: è un segno.
Il problema è che il papa, dopo quattro secoli, è ancora lì. Onfray, che ha appena finito di dichiarare finito Freud, è un revenant?
Michel Onfray, Métaphysique des ruines, Livre de Poche, pp.157, € 6
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