Si celebra la guerra degli Usa in Afghanistan come la più lunga mai attuata, più del Vietnam. Ma non è finita, come si vede. E potrebbe non finire presto. Gli Usa si apprestano anche a battere il record dell’Urss, che occupò l’Afghanistan per nove anni e due mesi, uscendone distrutta – dal 27 dicembre 1979 al febbraio del fatidico 1989. Gli Usa sono in Afghanistan ormai dal novembre 2001. Combattono questa guerra nel nome delle Nazioni Unite, con l’appoggio di una serie di paesi Nato, tra essi l’Italia. Che hanno tutti, come gli stessi Usa del resto, buone intenzioni. Ma, come gli stessi Usa per la verità, gli alleati si battono al minimo, sapendo che comunque è una guerra che non si può vincere. Si fanno forti della guerra tecnologica o chirurgica, che non esiste. O si dicono in missione umanitaria, o per i diritti civili. Ma sanno che sono in guerra, in una guerra che non possono vincere.
I morti per terrorismo sono in Afghanistan meno della metà che nel "pacificato" Iraq. E infinitamente meno che nell'indipendente e democratico Pakistan: il terrore è dell'islam contro gli islamici più che contro gli Usa. E tuttavia le truppe Usa (Onu, Nato) restano asserragliate nei loro quartieri, e la loro guerra poco o nulla ha della liberazione, piuttosto dell’occupazione, ne sono coscienti i governi dell'alleanza e i comandanti sul campo. La società afghana che si sente liberata e confida negli alleati è sempre minoritaria, è presente solo a Kabul, poco, senza presa nel paese e fra le tribù e, più spesso che non, è corrotta. Gli alleati peraltro non hanno nessuna voglia di combattere questa guerra, sia pure di liberazione: si avvalgono delle regole d’ingaggio Onu, che essi stessi fanno restrittive, per non fare nulla.
Il Pentagono e le agenzie Usa preparano una guerra molto lunga e molto più costosa, accreditando un Afghanistan mitico, favolosamente ricco dei minerali più pregiati, un altro paradiso terrestre sudafricano in terra. Di nuovo. Dieci anni fa lo accreditarono pedina determinante di un Grande Gioco Petrolifero, per i buoni uffici di un certo Ahmed Rashid, un pubblicista pachistano-americano. Una cosa insensata, che tuttavia, tradotta da Feltrinelli, ha venduto moltissimo e ancora tiene banco. Dunque sarà lunga. Ma come finirà?
Gli Usa non ne usciranno certamente distrutti: se impongono la propaganda come verità, non ne restano però prigionieri. Almeno finora non è mai successo, se ne sono sempre sganciati in tempo. Come, ancora non si vede: la soluzione non è certo retrocedere il paese ai talebani, che sono estremisti e quindi inaffidabili. Gli Usa dovranno riconoscere che una terza via è possibile tra l’inimicizia e la sudditanza, e crearla. Quanto prima, forse, tanto meglio: gli Usa hanno il vezzo di abbaiare, Obama compreso, ma gli afghani sono abituati ai cani, seppure con la faccia feroce – dove non c’è opinione pubblica, la minaccia è solo boomerang.
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