La Corte dei conti scopre dopo alcuni anni che i bilanci comunali di Veltroni a Roma erano truccati. E pazienza, la colpa si può sempre dare alla burocrazia: la Corte, in alcuni casi anche molto vigilante, è pur sempre una burocrazia. Per un altro personaggio la denuncia della Corte dei conti avrebbe comportato l’incriminazione per falso in bilancio – benché la denuncia sia tardiva e rispettosa, e il reato sia stato annacquato da Berlusconi. Ma pazienza, Veltroni è sim aptico e nessuno lo vuolle in tribunale. La denuncia però non suscita a Roma nessuna emozione. Non sui giornali. Che la relegano alla cronaca locale, e giusto di passata: articoli brevi, e poco chiari. Solo il “Corriere della sera” spiega che si tratta di passività artificiosamente non registrate, e di attivi altrettanto artificiosamente gonfiati, attraverso rinegoziazioni di comodo dei “derivati”, che poi hanno in realtà lasciato, e stanno lasciando, dei buchi, e attraverso l’esazione di finti crediti – le due famose emissioni di “cartelle pazze”, due milioni di cartelle, che sono costate l’elezione all’incolpevole Rutelli.
Il “Corriere” ci apre perlomeno la cronaca romana e titola correttamente: “La Corte dei conti accusa Veltroni”. “La Repubblica” cita Veltroni nel testo, breve, annegato tra la pagine interne della romana. Sul “Messaggero”, che non fa di più, David Desario trova il modo di non citare nemmeno Veltroni. Poi si dice che la libertà di stampa non è in pericolo.
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