Si dice che il pentimento di Ciancimino jr. è strumentale, lo ha detto ieri anche un tribunale, ma non si dice abbastanza. Non si dice quanto è strumentale, artefatto, e cioè mafioso, il pentitismo. Nel racconto di Flannery O’Connor “Un buon uomo è difficile da trovare” il male svanisce. “Uccidere un uomo o rubare un copertone”, il delinquente abituale non ne ha ricordo: “Ho scoperto che il delitto, in sé, non conta. Puoi fare una cosa come un’altra, uccidere un uomo o rubargli un copertone della macchina, presto o tardi te ne dimentichi, ti prendono e amen”.
L’argomento è trattato di striscio dalla letteratura del pentimento, l’indifferenza etica del criminale, l’insensibilità. Ed è trascurato dalla normativa sui pentiti, che fa del ricordo un dato euristico, come il giorno e la notte, o le stagioni. Del ricordo di un criminale, per il quale i fatti della vita che per una persona civile sono eccezionali, il pizzo, i dispetti, le bastonature, gli assassini, sono il normale soffio della vita. No, i pentiti della legge sono solo un utensile nelle mani del giudice. Tanto più, curiosamente, quanto più sono numerosi: i 25 di Mannino o i 28 di Giacomo Mancini. E hanno presa principalmente in chiave politica – nessuno ricorda i pentiti di Mancini, che pure ci sono stati, concordi al solito, riscontrati, veridici, e poi azzerati dal processo. Anche quelli che hanno detto qualche verità, come Buscetta o Brusca. Nessun pentito (italiano, mafioso) ha portato all’intercettazione di un’azione delittuosa in corso, alla cattura di un latitante, allo smantellamento di una rete mafiosa in atto. Nel loro universo di mafie vincenti e perdenti, seppelliscono i perdenti.
L’infamia è nota della legislazione premiale. I pentiti parlano per gli sconti di pena. E per la pensione, il premio di reinserimento, la protezione (un mafioso è sicuro di morire comunque ammazzato per mano di altro mafioso, la protezione gli allunga la vita), e perfino (Saro Mammoliti in Calabria, i Piromalli), per mantenere proprietà e capitali estorti. Ma c’è di più: il carattere indistinto dei loro ricordi, a monte della strumentalità, è tema ancora intonso. Un killer come Spatuzza, autore riconosciuto di un centinaio di assassinii, nel mezzo di altre centinaia, migliaia, di azioni delittuose (minacce, vessazioni, esazioni, attentati, bastonature, ferimenti) nell’arco di un decennio, non può ricordare, se non ricostruendo. In sé è un archivio vuoto. Non può avere avuto alcuna coscienza (sensibilità) nel corso di questa attività: il delitto di mafia, quotidiano, non è dostoevskjano ma meccanico, istintuale. Come mangiare, andare di corpo.
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