mercoledì 21 luglio 2010

I giudici siciliani al lavoro per Riina

Il Procuratore di Palermo Ingroia, quello di Caltanissetta, Lari, ci sono o ci fanno? Quello che sostengono, che sono impegnati a sostenere, a provare oltre ogni prova contraria, facendo appello a personaggi del calibro di Spatuzza e Ciancimino jr., è quello che Riina vorrebbe dare a intendere. Che lo Stato voleva trattare con lui. E per questo magari si è ammazzato Borsellino, lo Stato se lo è ammazzato, da sé, e forse pure Falcone: per dare prova a lui, Conte di Montecristo e Imperatore della Cina unificati, di affidabilità. È troppo imbecille, eppure è vero: le due Procure lavorano alacremente, contro ogni possibile prova, a “dimostrare” quello che Riina afferma.
Non fanno altro da anni. Dimostrando quello che tutti i siciliani sanno: che le Procure antimafia raramente si occupano della mafia. Se non c’è intrigo, se non c’è da colpire a mazzate di mafia qualche ministro, anche soltanto con un concorsino esterno in associazione, qualche generale, qualche dirigente di Polizia, i Procuratori di Palermo non vanno nemmeno in ufficio, vanno direttamente alle tribune antimafia della televisione, di Stato. Per denunciare l’irrimediabile: che lo Stato non gli consente di trovare il ministro, il generale, il dirigente da incolpare.
Ciancimino jr. fa miglior figura del tozzo Riina, ma dice quello che dice Riina. Spatuzza è l’uomo dei cento omicidi (“almeno cento”), ignorante ancora più che violento, che ora si vuole teologo – lui intende: toccato dalla grazia. Questi due personaggi fanno la verità, oltre che sulla Rai, sul “Corriere della sera”, “la Repubblica”, “La Stampa”, e tutti i giornali ex Pci. Nonché nelle amate Librerie Feltrinelli, che fanno a gara a ospitare il finto pentito Massimo Ciancimino per illustrare le gesta di suo padre, illustrate in un volume della casa editrice. Questa non è antipolitica. Non è nemmeno concorso esterno in associazione. È proprio mafia – sarebbe.

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