giovedì 15 luglio 2010

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (62)

Giuseppe Leuzzi

Di pentiti (spioni, delatori, informatori) è piena “La certosa di Parma”.

S’immagini per ipotesi che non ci sia “Palermo”, non ci siano cioè le Procure, la Rete, i Ros, la Dia, e la catena di sant’Antonio dei giornali, ebbene, la mafia scomparirebbe. Ci sarebbero delle violenze e dei taglieggiamenti che però la polizia punirebbe – se per ipotesi ci fosse una polizia, una vera, con mezzi idonei a colpire i delinquenti.
Cos’ha portato al Sud la giustizia, l’apparato repressivo? I briganti dapprima, poi la mafia, con l’omertà, e la corruzione universale, partendo dagli appalti pubblici. Impunita finché della corruzione non hanno preteso la loro parte i meridionali. Ora punta allo sradicamento della politica, cui la scuola di Cordova nella magistratura si applica da un trentennio – compresi i “patti scellerati” con le “logge segrete”, insomma i complotti.
L’apparato repressivo della giustizia non interviene se c’è un taglieggiamento, un appalto truccato, un attentato dinamitardo, un assassinio, interviene solo se si può mettere d imezzo qualche politico. Tolta la politica, in effetti, al Sud non resta nulla.

La legge ce l’ha anche la mafia, terribile. Senza bisogno delle sottigliezze che hanno imbastardito la giustizia, il concorso esterno e il voto di scambio.

Milano
Si arrestano molti calabresi malfattori in Lombardia. Noti peraltro a tutti da decenni per essere malfattori. “Emerge”, si legge qui e là nei giornali, “uno spaccato di subalternità”, una “Lombardia avamposto di Reggio Calabria”, il “vero scoglio dell’autonomia e del federalismo”, “politici e imprenditori soggetti ai calabresi”, “cantieri nei quali i calabresi fanno il bello e il cattivo tempo”. In virtù di che? Alla prima violenza, tra l’altro contro uno dei loro, li hanno messi dentro – hanno dovuto, dopo avere aspettato quasi tre anni.
La criminalità è contro lo Stato, se per tale s’intende il buongoverno, ma non contro gli affari: è gli affari. Chi è Chierico? Chi è Oppedisano? Boccassini, ancora uno sforzo.

"E' eufemistico", scrivono i giudici antindrangheta di Milano, "definire collaborativo l'atteggiamento degli operatori economici in LombardiA". Ma con loro non si possono usare le maniere forti? Boccassini, ancora uno sforzo! Eufemistico.

Gli allevatori lombardi non vogliono pagare le multe per il lette prodotto in eccesso, contro i regolamenti europei, e il governo Berlusconi li accontenta. Sobbarcandosi il pagamento a Bruxelles delle multe a spese dell’erario, cioè di tutti noi. Ma nessuno lo spiega. Al più si dice che Bossi si è imposto al governo. E nemmeno questo è vero: l’idea è di uno dei figli di Bossi, che costui vuole, anche se recalcitranti, in politica. Non si dice neanche l’ammontare delle multe che dovremo pagare – sono quasi 500 milioni di euro. Il terribile ministro Tremonti qui non fiata.

Malpensa è costata almeno dieci volte Gioia Tauro. E continua a costare, per l’infinita serie dei servizi che non riesce, dopo quasi quarant’anni, a completare, per la corruzione e per il campanilismo lombardo (i treni, l’autostrada, il gas, eccetera). Ha fatto fallire l’Alitalia. Regala agli sca confinanti un valore aggiunto enorme, che potrebbe restare in Italia – una diecina di milioni di viaggi aerei l’anno. Impedisce l’integrazione di Milano come area metropolitana, come avviene dagli anni 1970 attorno a Francoforte, a Parigi, a Londra, con beneficio del pendolarismo, dell’uso efficiente del tempo, della produttività, della qualità della vita. Ma non ci sono Sergi Rizzi o Stelle che ce lo dicano. Magari in un articolo invece che in uno dei loro vendutissimi libri. Solo si scrivono pagine per dire che, lentamente, ma Malpensa si sta riprendendo dalla crisi in cui l’aveva precipitata l’Alitalia – come se fosse stata la compagnia a far fallire lo scalo e non viceversa. E per dire che si sta riprendendo si citano alcuni milioni di passeggeri. Che sono la metà di Fumicino. Meno di un terzo del bacino di utenza milanese.

C’è sconcerto tra i forcaioli per la condanna a metà di Dell’Utri. Non basta loro che il senatore sia condannato come mafioso, volevano mafiosa anche Forza Italia. Il “Corriere della sera” apre così la prima, a firma Giovanni Bianconi: “Marcello Dell’Utri è stato condannato, Forza Italia assolta. “Il senatore è stato amico dei mafiosi e «concorrente» nei loro reati, ma il movimento politico che ha contribuito a fondare non è il partito della mafia”. La mafia è un reato meno grave che Forza Italia?
Quando il Sud infine si libererà del Nord, questa storia della mafia universale dovrà fargliela pagare cara. Radere al suolo Milano sarà la soluzione minima: ci mettono la mafia dappertutto, nell’aria, nell’acqua, nel sonno, e non per stupidità. Non gliene frega nulla della mafia, se non per farci gli affari, e poi buttarla addosso al Sud.

I lombardi prestavano denaro.

L’odio-di-sé meridionale
“La ‘ndrangheta finirà quando non ci sarà più l’uomo sulla terra”: la sentenza è di un magistrato, il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, che è diventato best-seller con la ‘ndrangheta. Ma Gratteri è procuratore a Reggio Calabria, dove la ‘ndrangheta c’è per davvero, e la sua è una delle battute cui lo spiritaccio calabrese indulge. Mai però in senso opposto, a separare il destino umano da quello ‘ndranghetista.

Amici d’infanzia fanno le vacanze di mare in Sicilia, fra Taormina e Giarre. È un uso che hanno preso da tempo, benché la vacanza a Taormina o Letojanni costoi il doppio che sulle spiagge dei paesi d’origine in Calabria, perché “lì ci si diverte” – anche se non sono più giovani. Da alcuni anni lo Jonio siciliano sotto Taormina è molto sporco e infestato di meduse. “È lo sporco che ci manda la Calabria”, dicono gli albergatori e i bagnini, e gli amici ci credono, ogni anno ci ritornano, dopo essere rimasti due settimane, magari un mese, in secco, senza la possibilità di mettere anche solo un piede in acqua. Anche se la Calabria sta molto più a Nord, e i suoi mari, lo Jonio come il Tirreno, sono trasparenti e puliti.
Si può essere buoni amici e un po’ stupidi, le due cose si conciliano. Ma perché soffrire, pagando, nell’acqua infetta? Perché l’odio-di-sé non è mai abbastanza?

Non rimane altro Sud che quello di Verga, dell’ideologia dei vinti: non c’è più pathos se non vittimista. Il Sud che per secoli aveva divertito l’Europa, e anche l’Italia, è prigioniero di Verga. Verga avrà pure ragione – ha ragione. Ma il Sud?
La squalifica del Sud arriva tardi, con l’unità. Come la napoletanità, altro flagello, o i briganti, e ora la mafia. Ma il Sud è certo colpa del Sud.

Calabria
È la regione che più si è identificata e si identifica con Roma, con l’Italia unita, e più ancora con la Repubblica. Bisanzio, i normanni, i baroni, i Borboni sono cancellati prima che rifiutati. La dipendenza modella psicologie mostruose: si passa dall’abbandono all’abbandono di sé stessi.

Il Procuratore Capo di Reggio Calabria non riesce a trovare più di 250 mafiosi, dice, su quindicimila abitanti a Rosarno. Ma Rosarno resta città di mafia. Nessuno vuole vedere la rivolta contro gli immigrati come una ribellione al degrado, indotto dagli immigrati nell’interesse dei dieci o venti padroni di agrumeti.

La Calabria ha il record della spesa sanitaria pro capite, 3.100 euro l’anno, contro una media nazionale di 2.250 euro. E ha la sanità peggiore.
Un buon terzo della spesa (la differenza tra la spesa in Calabria e la media nazionale) va per ricoveri e interventi fuori regione.

Gioacchino da Fiore, Tommaso Campanella ne sono i prototipi. Di spirito infiammato, molto calabrese. Molto intuitivo, poco coltivato – uncouth. O allora Cassiodoro, che sa tutto della vita e della storia e quindi è remissivo, rassegnato. Sempre “laterali”, fuori dal flusso.

Palmi ha un mare di trasparenza cristallina, spiagge di chilometri e un entroterra omerico, ma non ha un piano regolatore. Non che si veda: ognuno costruisce dove vuole, con l’acqua corrente e col bagno, o anche senza, e chiede milioni per l’affitto. Per quante volte?

Può darsi sia stata feudale, come vogliono i suoi (inutili) libri di storia. Nel 1100 potrebbe esserlo stata. Ma dopo, per un millennio ormai, è stata semmai oggetto-terra di fedecommessi e padroni assenti. Il che può essere stato una buona cosa, non avere avuto padroni. Ma implica alcune conseguenze. Per esempio, non essere serviti come turisti: nella contigua Sicilia, che tutto della Calabria, la lingua e anche il linguaggio, ma ha avuto anche solidi padroni, dai quali ha potuto imparare, un turista è sempre ben servito per quello che spende, in Calabria quasi mai – a volte non si riesce nemmeno a mangiare nelle trattorie familiari. Per esempio la mancanza di applicazione: il disprezzo dei padroni si traduce nell’incostanza (si abbandona un investimento o un mestiere pochi mesi dopo averlo avviato, “non si guadagna abbastanza”): è l’incapacità di avviamento, prima che la mafia, che si traduce in incapacità di industria o di commercio. Per esempio l’avidità: si ha diritto a tutto. Per esempio l’insocievolezza: manca l’attitudine a farsi un po’ più in là, magari nel proprio interesse.
È difficile spiegare una carenza sociale con una mancata fase di asservimento nella storia. Ma entrambe sono evidenti. La ragione può essere che un ordine sociale, per quanto squilibrato, ha comunque una funzione pedagogica (sociale). Che è sempre meglio del nulla – non si nasce “imparati”.

I calabresi terragni che ora popolano il Canada e l’Australia nel Quattrocento erano a Tripoli, Tunisi, Algeri, e a Costantinopoli in una Nèa Calabria.

leuzzi@antiit.eu

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