astolfo
Anziani – Anziani e figli unici: la vita è nemica. Una popolazione di anziani è l’effetto di una migliore condizione di vita e di una ridotta fertilità. Due fatti che diventano il modo di essere di una società: più matura e più lenta, inattiva, depressa, nonviolenta e egoista. Una società legata alla rendita, per quanto modesta e perfino insufficiente, come lo schiavo un tempo alla “sicurezza” del padrone.
Catto-comunismo – Dura ormai da trent’anni, sempre espresso dagli ex Dc e dagli ex Pci, perché è una cultura. Politicamente non funziona, ed è l’handicap insuperabile, l’equivoco, del Pd. La politica ne è espressione e non causa, che si è imposta con Berlinguer, culturalmente a esso affine – e poi, stancamente, con i suoi nipoti. È la cultura cattolica del grigiore umano, che paradossalmente finisce nel “povero è brutto”, per cui un popolo spensierato, e proclive a spassarsela, ama pensarsi senza orizzonti (il linguaggio Rai) – tutt’altra cosa dalla liturgia, che è invece e resta ricca malgrado il Concilio del pauperista Paolo VI, come il “sacro” della società. È una tradizione consistente, che il predominio confessionale della politica nazionale dopo la guerra ha solo fato emergere. Di cui è espressione e sanzione il neo realismo, e il suo adattamento solo un po’ più leggero, la commedia all’italiana.
Civiltà di massa - Ha scosso le più antiche, vaste e radicate tradizioni, in Cina, Giappone, India e in tutto il continente asiatico. Le ha spazzate via, dopo che avevano resistito a ogni più selvaggia coartazione, compresa la bomba nucleare. Può essere il senso di questa civiltà, fordismo e mass media, più potente di ogni forma di armamento, negativo?
È la civiltà del Novecento. Ha testimoniato, e voluto, i peggiori eccidi della storia: le guerre totali, i campi di sterminio, le pulizie etniche. Mentre si godeva, e propiziava, la più grande e diffusa prosperità della storia. Ma il risultato non è a somma zero. La società di massa, retta da criteri quantitativi, non ha consistenza etica: ha l’etica che le viene assegnata, quella hitleriana come quella castrista. Di per sé ha bruciato ogni barriera contro la violenza (il rispetto della proprietà e della vita) e contro la menzogna. È presto rimasta a corto di linguaggio e si aggira smarrita come il classico gregge di montoni: incorna e basta.
Destra – In Italia è un pretesto, per far smottare l’opinione verso il centro, e quindi verso la sinistra (centro-sinistra). In realtà non esiste: non ha un progetto, non una cultura. Se non come frangia violenta, anti-collettivi, anti-zingari, anti-immigrati, coatta, discotecara, tifosa organizzata, che però politicamente si esprime poi col centro.
Di Pietro – Viene dopo Dio, certo. Ed è l’italiano peggiore, è stato detto. Ma questo è rincuorante per i tradizionalisti: non si perde la furbizia, l’aggressività, la mobilità sociale (masallienismo), il fascismo di base (tutti gli altri hanno torto). Se l’Italia stava per perdere queste caratteristiche, Di Pietro ce l’ha reimmersa – col “chiama-e-rispondi” anche con Berlusconi. Se la virtù sta in vizi ben gestiti (Mandeville, Marx), è anche un bene: che ne sarebbe di un’Italia onesta?
È anche personaggio in commedia di grande comicità, metà Sordi metà Pirandello. Il pied-à-terre della banca dietro la Scala, gli appalti per la moglie, il posto per il figlio, i clienti per l’amico Lucibello, i soldi a scrocco, per sé e per l’amico, da imprenditori in cattive acque, Gozzini e D‘Adamo. Ma che fa, di questa sua arte minima, un’arma letale; attacca la corruzione massima, il sistema della corruzione, con le armi stesse deal corruzione, eccezioni, favoritismi, minacce, ammiccamenti, e si fa padrone del Corrotto Paese. Fingendosi indemoniato, in realtà come un topo nel formaggio.
Cobblepot, che in “Batman” fa giustizia dei privilegi con i topi volanti, seminando la preoccupazione (paura) nella popolazione, ne riconquista la fiducia facendo perno sulla preoccupazione (“io so che siete preoccupati”), promettendo infine ordine e pulizia. È il procedimento usato da Di Pietro – nemmeno più bello di Danny De Vito. La stessa psicologia (“non hanno voluto erigermi un monumento”). E un esercito di pinguini. Che però sono volubili.
Dittatore – Viene da dictare, che in latino, ma anche nel tedesco contemporaneo, sta per scrivere, comporre, poetare.
Emigrazione – Un emigrato negli Usa, in Australia, in Canada, si integra. Raro è il desiderio del ritorno. Uno emigrato a Torino o Milano resta estraneo, talvolta anche alla seconda e alla terza generazione. Questo anche prima che Bossi ne facesse una dottrina. Mondi molto diversi accettano l’immigrato, mondi simili no.
L’integrazione è forte però, e anzi identificazione, anche in paesi fortemente stabilizzati, e perfino sciovinisti: Svizzera, Germania, Belgio, Gran Bretagna, e in parte anche la Francia.
Fascismo – Croce ha potuto dirlo la malattia morale dell’Italia. Che va contro la dottrina progressista, o liberale, della storia ma è vero per lo storico realista. La democrazia liberale non attecchisce in Italia non perché impedita dai tiranni, o dal capitalismo, ma perché contrasta con le “virtù” che il paese onora: l’individualismo, la furbizia, l’aggressività. In questo senso anche i richiami al fascismo in era tardo democristiana o berlusconiana hanno significato.
Non c’è tradizione di giustizia o di ordine pubblico, cioè ben regolata. Nelle aree con maggiore esperienza di autodeterminazione, la Lombardia, la Toscana, il Piemonte, non diminuisce l’opportunismo.
Islam – È l’Orgoglio Incarnato. È autoreferente e non teme nessuno, altre religioni, altre potenze, le classi dominanti. Perché è la più livellatrice delle religioni? È la contro assicurazione die poveri, in Africa come in Asia e negli Usa.
Islam e comunismo - Ci sono due Asie: quella buddista è stata anche, ed è, comunista, quella islamica è impermeabile al comunismo – indifferente: non lo apprezza e non lo teme. L’islam è corale e militante, il comunismo pure. Tuttavia sono inconciliabili. Il comunismo prospera nell’area cristiana e comunista: perché lo spirito d classe, impropriamente detto individualismo, mentre è spirito di sopraffazione, vi ha rotto il sentido ugualitario.
L’islam è ugualitario perché è corale, religiosamente corale (la religione è la preghiera in comune). Benché si organizzi in ulema, sceicchi, emiri, e malgrado l’assoluto patriarcato.
Italia – Una grande Venezia, giuggiolona e triste. Se è un paese di pensionati più che di gente attiva diventa quello che non è stato mai: un paese piccolo-borghese, di mugugno, pessimista, moralista, stupido. Destinato a impoverirsi: pesa più elettoralmente il voto della rendita che on quello del lavoro, e dunque la finanza pubblica non si potrà “risanare”, non secondo un disegno razionale, lasciando il paese prigioniero di Maastricht.
Una popolazione di anziani stabilisce un rapporto generazionale del tipo nonno-nipote, di reciproche gratificazioni, comunque permissivo. Lo stesso nella famiglia con un solo figlio. Ciò è apprezzabile dal punto di vista etico. Ma elimina la spinta che ha presieduto finora alla realizzazione della società: procreazione, applicazione, creatività. Gli effetti sono già prevalentemente negativi per un paio di generazioni, di giovani e ex giovani che vivono mentalmente di rendita, passivi, pessimisti, che non si prendono il proprio destino, come si dice, su di sé. Buoni (pacifisti, edonisti, ecologisti) ma piatti. Indifesi anche, mancando di combattività (applicazione).
Occidente – Si nutre di se stesso, checché esso sia, genealogia, filologia, specie sulle lingue morte, buon tempo antico (la storia): è una grande costruzione snobistica. È per questo anche un continuo negarsi: dei figli con i genitori, e viceversa, degli uomini contro le donne, e viceversa, dei borghesi fra di loro, dei proletari fra di loro, ognuno contro gli altri – la concorrenza è intesa come una ubiqua scivolosa invidia sociale. Hegelianamente è l’antitesi, che alimenta parecchi passi avanti (sintesi), ma si tiene su con l’isteria.
È stato la meta delle tribù nordiche, gaeliche (S.Brandano), vichinghe – gli altri, i fenici, i greci, non scappavano sempre, più spesso ritornavano. Geograficamente è una fuga, non esiste per sé, non è un posto fisso. È l’idea dei popoli nordici che ci dominano da millecinquecento anni, vichinghi e sassoni. L’hanno chiamato occidente perché, essendo nomadi, vanno di corsa, fuggendo la luce verso la notte.
Si materializza anche per i continui scostamenti, è un’inquietudine. È il nome dell’irrequietezza: guardando la caduta, andandole i contro, e affrettandola, ma temendola, e sempre tentando di uscirne. Cioè dell’insicurezza. La tecnica, la specialità dell’Occidente, nasce dall’insicurezza.
astolfo@antiit.eu
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