giovedì 19 agosto 2010

L'amore impossibile per la Francia

Un romanzo d’amore come non si scrivono più: un inno alle donne, alla donna – “il paradiso non sarebbe che una natura morta senza le sue urì”. In un’Algeria dove si è cattolici, ebrei e mussulmani senza insulti, o francesi, spagnoli e arabi, e si può fare l’elogio del colonialismo come fattore di modernizzazione, quindi di unione e di progresso. Una metafora del matrimonio tra europei e algerini che si sarebbe potuto fare, che il Sud Africa di Mandela sta tentando, e che invece finisce in tragedia – da cui l’Algeria non è si ripresa, dopo cinquant’anni.
Una storia d’amore rifiutato, benché il fascino sia durato una vita. Per un destino, una condanna senza colpa. Il rifiuto si estende anche all’amata e protettiva madre adottiva: “La donna che era stata tutto per me – mia madre, la mia buona fata, mia sorella, la mia complice, la mia confidente e amica – non vedeva più in me che un estraneo”. L’amore impossibile come metafora del legame impossibile tra l’Algeria e la Francia.
Scrittore di un’Algeri gialla che da solo ha rinnovato i fasti della città, e dei migliori racconti di questo Medio Oriente indiavolato, la Palestina, Baghdad, Kabul, lo scrittore algerino di lingua francese ripercorre la sua autobiografia intellettuale, il destino impossibile dell’Algeria francese. Sotto forma di una storia d’amore anch’essa impossibile, per un impedimento che è forse un pretesto, un incidente del caso, un mektub (gli amanti si pacificheranno in morte, ultrasettantenni). Un "Via col vento" ideologizzato: l'autore non ha vissuto il colonialismo, si vede da come ne parla, e vi radica una possibile convivenza all'insegna del reciproco miglioramento, e perfino nella gioia di vivere - un manifesto da indulgere sullo sfondo del fondamentalismo islamico che ributta ogni arabo nella violenza e l'oscurantismo.
Un Grande Romanzo non registrato, non messo a punto, come le altre narrazione di Khadra: sentimentalismi e argomentazioni sproporzionate, con strane rimozioni (del padre naturale, della madre). È il giallo il genere dominante perché ha maturato una scrittura equilibrata e efficiente? O le redazioni editoriali lo curano meglio, perché è genere vincente, lasciando i “grandi romanzi” intoccati, e forse non letti?
Yasmina Khadra, Quello che il giorno deve alla notte, Mondadori, pp. 382, € 18

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