Dunque, Campanile, che tre anni prima aveva avuto il premio Viareggio, praticamente da Botteghe Oscure, pubblica nel 1976 una novelletta anticomunista. Dunque si poteva? O non deve Campanile a questo suo penchant politico la marginalizzazione, malgrado il Viareggio? Per ripresentarla nella Bur, nei tardi anni Novanta, Cordelli deve dire antifascista la narrazione. Ma l’utensileria messa in ridicolo è comunista: doppiezza, militarizzazione, artificiosità. È anche detto: si parla di rivoluzionari, compagni, Occhio di Mosca, e materialismo. Ci sono le impiccagioni in Cecoslovacchia. E i servizi segreti dei servizi segreti. Grande sarà stato il divertimento di Campanile a essere premiato come antifascista.
Il segreto è forse, al Viareggio e dopo, arruolare i nemici, senza fare autocritica. Ma Campanile è pervicace. Irride De Gaulle – salva Pétain – e Churchill. Anche se porta a livelli inafferrabili il gioco dell’essere-non-essere, sotto la specie dell’agente segreto – è il 1976: un vero romanzo d’epoca anche – un’epoca lunga: il romanzo era stato abbozzato vent’anni prima.
Achille Campanile, L’eroe
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