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Allende, Isabel – Fa, ha fatto, romanzi di passioni forti – “gattopardesche convinte”, senza cioè la distanza critica di Lampedusa o Balzac – per palati “comunisti”. Di un mondo che, seppure non detto, è separato, nel senso dell’apartheid: non una goccia di sangue indio nelle famiglie cilene, anche di dieci o venti generazioni. Se italiani, gli stessi toni e caratteri avrebbero indignato i “comunisti”.
Alvaro – È, malgrado il cosmopolitismo e l’urbanità, scrittore delle radici, che nel suo caso erano arretratissime: “Sebbene io non ricordi quasi più le passioni della mia terra, me n’è rimasta una solidarietà carnale” (“Ritratto di Melusina”).
Autore di scrittura onesta. Non d’occasione (di mercato) né esortativa (furba), nel pieno di Strapaese e del neorealismo. Dai temi (l’aria, il fuoco, la notte, la luce, l’orizzonte…) curiosamente russi, del grande romanzo russo: per un’inclinazione da letterato, per l’orientalità misconosciuta (bizantina, ortodossa) della sua terra?
Amore – In letteratura è francese. E femminile: “Lettere portoghesi”, “Principessa di Clèves”, “Manon Lescaut”, “Corinne…, con l’aggiunta di Stendhal.
In Germania – Novalis, Hölderlin, Kleist – porta all’insania
In inglese è sempre, Shakespeare compreso, il meno inglese, subordinato a altre passioni.
L’italiano ne è incapace, se non nelle varie forme dell’elegia da tempo peraltro desolate.
L’amore scritto è un fatto di ragionevolezza, della piccola raison della koiné francese. Oppure di reazione alla ragionevolezza.
Questa concezione, tra romantica e ragionata, dell’amore è peraltro la sola barriera contro le devastazioni del freudismo, dell’amore ridotto a sessualità, di cui ha già mostrato l’inconsistenza col sadismo. Ma Stendhal trova che la Francia è il paese meno disponibile all’amore, per la paura del ridicolo, per la sudditanza alla vanità. E dunque? L’amore romantico è in realtà un gioco.
Burke, Edmund – Prima di Freud, e di Sade. E anche dopo.
Calvino, Italo – La scrittura della superficie, del punto a croce. La letteratura del riserbo, per garbo, o da spettatore, impartecipe – da entomologo, è stato detto.
Carroll, Lewis – Oggi sarebbe in prigione, con turpi addebiti. Il reverendo era professore e rispettato nel chiuso mondo vittoriano, nel nostro mondo liberato sarebbe inconcepibile. La libertà vuole un’etica rigida? O questo mondo non è libero – è democratizzato, e la democrazia è un cane da guardia rabbioso, non tollera intrusi.
Heidegger – È heideggerianamente “inautentico”, il sofista supremo. Argomenta “attorno”, non “da…a”.
È il “veggente”, avrebbe voluto. Tutto porta qui, la Lichtung, l’unità estatico-orizzontale della temporalità, la visione. E la politica risolta nell’uomo del destino.
E se avesse fatto la filosofia della Foresta Nera? Si spiegherebbe il qui e là, l’esserci e non esserci, la Lichtung, la radura… Rileggerlo con l’esperienza dei boschi.
L’esser-ci è più un esser-qui o un esser-là? È importante.
È più un esser-là, dunque oggetto, cosa.
Dell’esistente gli manca l’essenziale, la storia contemporanea. O meglio: ne capì una parte, Stalin, ma non l’altra, Hitler, né “gli ebrei” (Lyotard). A meno che non avesse capito queste altre parti.
Ha rivoltato la filosofia rivoltando la lettura del greco antico. Ma, incasinatore per eccellenza del tedesco, ai limiti dell’inespressività, come può essere buon filologo?
La propensione per la struttura circolare è sfrontata: “La Cura, essere dell’Esserci, nella sua stessa essenza è permeata dalla nullità” – e cos’è permeare?
Il suo fascino viene dall’estetismo, di cui è parte il rapporto dal vivo con gli allievi, nelle lezioni e, nel dopoguerra, nei seminari. È uno stregone, com’è stato detto. Fondare una filosofia su Hölderlin è estetismo, sia pure raffinato, una “Recherche” teutonica – o su avventurose traduzioni dal greco antico.
È il David Strauss di Nietzsche, il “cultural tedesco”. Che ha portato all’estremo, come Nietzsche prevedeva della “culturalità”, la dislocazione (insignificanza) della lingua tedesca.
È anche in dilettante della filologia, il vero obiettivo della prima “Inattuale”.
Odissea – È il sogno di un uomo, paura, illusioni, visioni, con un disegno, un tragitto rettilineo. È romanzo maschile, a differenza dell’“Iliade”, il poema della forza (S.Weil), che è all’origine femminile.
Ulisse è Omero? Il poema nobilita la casa, la sedentarietà, e le attività non guerriere dell’uomo, l’intelligenza, l’immaginazione, la volontà. C’è anche la cecità, inflitta, cioè temuta.
Pasolini – Tenta le passioni forti, reali (fisiche, emotive, istintive) ma con piglio pascoliano e dannunziano, cioè di scuola. Le tenta con un linguaggio che è il loro contrario, traducendole in estetismo: sono passioni dalla vocina stridula. Anche quando le esagera (“Petrolio”, “Salò”).
È stato uomo del suo tempo, del tempo che deprecava: edonista e utilitarista. Utilitarista (gruppo, riconoscimento, onda editoriale) è la poesia politica, e ovviamente il romanzo sociale. La sua ricerca del piacere si è elevata a tragedia con la morte, ma era puro edonismo, certo più di chi ritiene l’aborto un diritto, e anzi esibizionismo, senza limite, né privato né etico. Di chi si è innamorato? Perfino nella morte la sua storia può essere solo quella del film di Giordana, giuridico-politica, sono limitate perfino le connotazioni sociali (il marchettaro, gli sbandati, la periferia lugubre, esagerati peraltro per un rito così comune, passeggero), prevale il lato criminale.
Sherlock Holmes – Il famoso metodo è tutto in “Silver Blaze”, il racconto che introduce le “Memorie”: “Il problema è distaccare la cornice del fatto – dell’assoluto, innegabile fatto – dagli abbellimenti di teorici e reporter”, che specie negli eventi di grande richiamo abbondano, “una pletora di pregiudizio, congettura, ipotesi”. Il problema, cioè il metodo. E alla pagina seguente c’è la ragione di Watson: “Niente chiarisce un caso tanto quanto riferirlo a un’altra persona”.
Senza contare l’utilità di una narratore-accompagnatore: elimina i discorsi indiretti, le ipotesi, i flashback, e altre fatiche della lettura.
È eccezionale nella normalità. Nella normalità del lettore di libri, che sempre è (si ritiene) sofisticato. Risolve alcuni casi, e altri li fallisce, testimonia il dottor Watson. Ma abbatte ogni ostacolo con le sole risorse della mente, che sono le più democratiche. È anche uno che domina la cocaina che usa. In questo è eccezionale, ma chi non s’illude di dominarla, la cocaina è la più furba delle escort.
Stile – È un po’ la Via dei Canti, traccia labile benché durevole. Un po’ Grande Muraglia, applicazione costante, e forse inutile.
Traduzione – Ogni lettura è una traduzione. Alla lettura, come a ogni contatto con la realtà, ci si approssima con un proprio vocabolario – anche nella stessa lingua e una diversa cultura, per famiglia, istruzione, censo, meridiano, ideologia, frequentazioni, e ora la geografia dello sviluppo egualitaria. È interpretazione: da una lingua a un’altra è parte della più generale traduzione\interpretazione.
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