Dunque, la Cina è già incolonnata: una colonna di auto e camion lunga cento chilometri la ingombra, che sarà smaltita in dieci giorni. Quindici anni fa, il 16 giugno 1996, era questa la ricetta che davamo per liberarsi della Cina il giorno, 2025, in cui il mondo la ritenesse ingombrante, non del tutto per ridere:
“Dunque il mondo è cinese, e più lo sarà. Lo hanno deciso gli Usa al tempo di Tienanmen, e così è nell’interesse, bisogna ammettere, di tutti. Ci vuole la Cina, il suo miliardo e trecento milioni di abitanti, per metà napoletani e per metà tedeschi, inventivi ed affidabili, per tenere vivace il motore: per la riduzione costante dei costi di produzione, per lo smantellamento delle rigidità del lavoro e una delocalizzazione a capacità tecnologica costante, per la moltiplicazione dei consumi.
“Tienanmen, la scelta cioè di non soffiare sul fuoco di una rivolta o rivoluzione in Cina, è stata americana ma va nell’interesse del mondo. È di prima della caduta del Muro, e fu forse determinata dalla vecchia politica del containment antisovietico, ma non è remota né sorpassata: conviene convivere con la Cina, tutti ci guadagnano. Mentre la tigre necessariamente perde i denti, se mai li ha avuti: stare sul mercato significa essere comunisti per modo di dire, giusto per mantenere l’ordine.
“I tassi di crescita economica della Cina sono, benché spropositati, al 10 e più per cento ogni anno, possibili per un periodo di tempo molto lungo. La Cina è un continente. Un continente antico, quindi pieno di saperi, ma che viene praticamente dal nulla, dopo alcuni decenni di guerra civile, e altri di comunismo-cum-guerra civile. Certo, c’è il problema di quando la Cina sarà troppo ricca e potente. Questo potrebbe essere già fra trent’anni, che non è un orizzonte tanto lontano: ai tassi di crescita attuali la Cina potrebbe avere a quella data quintuplicato o sestuplicato il reddito nazionale, e minacciare il primato non solo dell’Europa ma degli stessi Usa, il fattore demografico è potenza.
“Ma i rischi di una pax cinese sono deboli. L’immenso paese si può sempre dislocare, come una grande Jugoslavia. Per i vecchi odi anticinesi, control’etnia cinese dominante, e per i separatismi di immense regioni, Tibet, Szechuan, la stessa Shangai, il Nord manciù. O, più semplicemente, basta provvedere ogni famiglia cinese di un mezzo di trasporto per fermare il paese. Per bloccarlo fisicamente, metterlo nell’impossibilità di muoversi. La ricetta di Ford, di quattro ruote per tutti come moto perpetuo della ricchezza, o del miracolo italiano, la "500" del sindacato per tutti, in Cina è solo un incubo.
Ci vorranno tra breve leggi anticonsumo ben più severe di quelle del figlio unico. E non è detto che ci sia regime al mondo capace di farle osservare, il consumo è come l’oppio. Del resto, la sola libertà di commercio sempre ha creato imperi fragili, i cosiddetti colossi di argilla. La potenza vuole altri fondamenti - per primo, certo, la volontà di potenza."
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