C’è un Guazzaloca in primissima posizione per diventare candidato a sindaco di Bologna. Lo stesso Guazzaloca delle macellerie che scalzò dopo cinquant’anni la giunta rossa una diecina d’anni fa. Ora guida la corsa per i compagni di Bologna.
Dunque, la sede storica di An in via della Scrofa a Roma non paga “da anni” le tasse, perché le relative cartelle esattoriali del palazzo vengono inviate a un professor Guerra, un vecchio economista Pci, che nello stesso palazzo, ricco di trenta appartamenti, ne possiede uno. Cartelle da cinquantamila euro l’anno. Sempre rifiutate dal Guerra, che regolarmente vince i relativi ricorsi. Ma la Guardia di finanza, che indaga sull’appartamento a Montecarlo della contessa Colleoni, non indaga sull’Agenzia delle Entrate e sul Catasto di Roma che ogni anno fanno lo stesso errore. Beneficiario il partito (patrimonalmente) di Fini. Quante annate d tasse arretrate sono andate così in prescrizione? Il trucco tra l’altro è vecchissimo, basta avere un amico, magari un usciere, al catasto.
Gaucci, bancarottiere fraudolento a Perugia, dice per vendetta contro l’ex amante Tulliani cose da bagno penale: una diecina di miliardi sottratti al fallimento. Ma il foro perugino, noto per la laicità e sempre solerte contro i politici, è quello che condannò Andreotti a 28 anni per omicidio, non ci sente. È Fini, nuovo consorte della Tulliani, anch’egli laico, della stessa obbedienza?
Da Montanelli a Chiara Moroni non si contano più gli ingrati, la seconda moglie compresa, che devono tutto a Berlusconi e gli si rivoltano contro, lo spiano, lo denunciano. Si dirà che è la sorte dei dittatori, di essere traditi dai famigli, e che dunque Berlusconi è un dittatore. È possibile, il sillogismo è ineccepibile, anche se Berlusconi vince solo alle elezioni. Ma è un dittatore, a giudicare dai ribelli, di poco di buono. Non un Garibaldi della destra, nemmeno un Giolitti del malaffare. C‘è molto di craxiano, è vero, in questi tradimenti, e anche di mussoliniano – le “contesse” per esempio, ora chiamate veline. C’è molto di Milano?
Il governo evita la censura al sottosegretario Caliendo con 299 voti alla Camera contro 229, e 75 astensioni. L’Ansa fa un pezzo cattivissimo contro il governo: “Caliendo: non passa la sfiducia, ma governo senza maggioranza”. E gli altri giornali rifanno lo stesso titolo.
La maggioranza è opinabile: 299 contro 229 sono sempre una maggioranza. Mentre i voti contrari più gli astenuti fanno 304, sempre ammesso che tutti gli astenuti abbiano il coraggio di votare contro il governo, sempre meno della maggioranza assoluta alla Camera, che è di 316 voti. Ma è singolare che tutti i giornali, eccetto i due o tre berlusconiani, facciano lo stesso titolo. È l’Italia sovietica, coperta e allineata, compresa “Repubblica”, che un tempo pensava da sola, cui la cronista dell’Ansa dà il là.
Impazza il Power Balance, un braccialetto che promette “l’efficienza” biologica e muscolare a chi lo indossa per quindici giorni. Un braccialetto di plastica, che si fa pagare trenta euro, e tra l’altro non fa male. Ma è l’unica cosa che, secondo l’Antitrust, minaccia il mercato di monopolismo.
I giornalisti, sono sempre stati un problema. Smontarono Marx, e non era facile, 140 anni fa. A proposito della partecipazione italiana all'Internazionale, attraverso le fazioni bakuniniane dell'Alleanza: “L'Alleanza in Italia non è un raggruppamento operaio ma una truppa di declassés, il rifiuto della borghesia. Tutte le pretese sezioni dell’Internazionale in Italia sono dirette da avvocati senza clienti, da medici senza ammalati e senza conoscenze mediche, da studenti assidui al biliardo, da viaggiatori e da impiegati di commercio e specialmente da giornalisti”.
“Golpe di Tremonti contro Vendola”, titola “il Manifesto”. Vendola vorrebbe assumere alle sue Asl, che hanno un buco di mezzo miliardo, ottomila lavoratori della sanità privata. Ottomila, in un colpo. Questo Chàvez non lo chiamerebbe un golpe.
Si discute il santino della ragazza sfigurata dai talebani che fa la copertina di “Time”. Il richiamo è involontario a “Sesso & potere”, il film di Barry Levinson del 1997 in cui Dustin Hoffmann, un produttore disoccupato, è ingaggiato per “creare” la guerra alla Serbia per l’Albania. Un diversivo alle avventure di sesso del presidente alla Casa Bianca, ma una guerra che l’anno dopo si fece realmente. Forse non è scena, la ragazza è stata mutilata. Ma è il senso della copertina: queste “modelle” sono le nuove martiri.
Berlusconi va dicendo in giro che Fini, Bongiorno, Granata, Bocchino, Urso, che nomi, gli hanno impedito la legge sulle intercettazioni. Non dispiaciuto. Perché sa che sulle intercettazioni stravincerebbe eventuali elezioni?
Paolo Baratta e Marco Müller hanno escluso Avati, sicuro vincente della Mostra di Venezia, che è pur sempre un concorso a premi, a favore di Ascanio Celestini, sicuro perdente col suo filmetto da cantastorie. Per offrire una vetrina al “giovane” Celestini, perché il produttore di Celestini è più ammanicato, e perché l’irriverente cantastorie è molto “nella linea”. Una normale operazione di partito. Ma l’irriverente Celestini non si scusa nemmeno. Mentre Müller e Baratta irridono Avati, al gioco destra-sinistra. Regime?
Come già Bertolaso, il ciclone Verdini ha zittito le leonesse della giudiziaria. Il giorno dopo non sono tornate sulle sue magagne, il giorno successivo nemmeno. Nemmeno per caso: c’è dunque un suggeritore.
Ora i giorni di silenzio sono una diecina: il suggeritore non ha più “carte”? È l’ufficio legale della ditta che dice cosa dire? Il giornalismo degli avvocati.
Paolo Ermini, il direttore del “Corriere Fiorentino”, costola locale del “Corriere della sera”, si costringe e definire ottimi professionisti, di grande scuola, i giornalisti che ha assunto in provenienza dal “Giornale della Toscana” di Verdini. Per discolparsi a Milano? Per timore della peste? C’è la peste a Firenze?
Gli editori italiani. Garzanti rileva Treves nel 1938, a prezzi di saldo grazie alle leggi razziali. Bompiani è l’editore del “Mein Kampf” italiano, un successone.
sabato 7 agosto 2010
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