Giuseppe Leuzzi
Il vagabondo napoletano che si nutre inalando i sapori della rosticceria è tema di racconti metropolitani nordafricani, di Algeri, Orano.
La mafia è un’insorgenza democratica. Bisognava pensarci, è innegabile, come la trova F.R., giornalista americana che ha voluto “vedere” la mafia: i prognati, l’eloquio, il portamento, l’abbigliamento, gli sguardi, l’etica, i mafiosi sono la plebe. Anche per la genealogia, si può aggiungere, e per l’onomastica (i soprannomi non sono mai lusinghieri).
Da questo punto di vista la mafia sta tutta dentro la teoria delle origini del capitale come violenza. Ma questa evidenza contrasta con le frasi fatte dei sociologi ufficiali -, col supporto dei carabinieri, i quali però sono scusabili per non essere sociologi - sulla base della teoria: il popolo non può essere cattivo. Da qui la necessità della cupola, del terzo livello, della mafia come sistema di potere. Che viene comodo per le tattiche politiche – soprattutto in Sicilia e a Napoli – senza incidere sulla mafia.
Sicilia
Il “Corriere della sera” celebra, per la penna di Pietro Calabrese, il tramonto. Dalla sua casa sulle Madonie, sopra Cefalù, Calabrese si gode tramonti da celebrazione. C’è in Sicilia il culto del tramonto. Il vecchio albergatore del “Sole” a Trapani lo consigliava ai visitatori. E in effetti a Trapani il tramonto è scenario mutevole di dramma giocoso. Ma poi perché non godersi l’alba, la Sicilia guarda anche a Oriente? Il tramonto è a sinistra, certo, ma è il buio, il freddo, il male,
Arrivando da Napoli col postale della notte, la Sicilia si annuncia con lo Stromboli, che rompe l’oscurità col fuoco. Si entra, sulla superficie muta del mare, in un mondo altro, qual era ai primordi, con le sciare, gli scoppi di Vulcano, i soffi di vapore sull’acqua e sulla terra, una serie di portenti.
Ma la storia pesa. La Sicilia ha viscere irritate da cronica gastrite per eccesso di goloseria, fetide, o da stipsi, di cui a fatica si libera. Quando accade, la genialità e la superbia dilagano sopraffacendosi.
A piazza Aretusa nella civilissima Siracusa aspettano pazienti le spose per la fotografia. Il fotografo ha un aiuto, che tiene i pannelli rifrangenti, e un elettricista con due lampade, attaccate alla batteria della 750 in moto. Ingolfato senza collo in una camicia blu con cravatta, l’autista della Bentley bicolore si pulisce le unghie. La sposa inseguono una maestra di cerimonie, che controlla l’inquadratura, la posa e l’altezza del mento, e la sarta per rimodellare l’abito multistrato. Lo sposo aspetta congestionato nella calura senza ombra, i rever a lancia gli arrivano alle spalle, di gabardina acrilica color mostarda. Capi unici, ardui da imitare certo, e da riutilizzare.
Si spendono per un rito di minuti diecine di milioni di vecchie lire, con l’addobbo e il pranzo un centinaio, l’Italia povera è ricca. O è diversa: nei cesti votivi degli sposi nelle chiese orto-dosse pacchi Barilla e biscotti Saiwa sostituiscono il grano e le focacce.
La creazione del Sud
La Licata ha scritto, Feltrinelli ha stampato e pubblicizza con una serie di eventi, Massimo Ciancimino ha dettato “quarant’anni di storia”, dice la copertina. La storia della mafia dettata dalla mafia. Compresi La Licata, l’editore Feltrinelli, le Librerie Feltrinelli?
C’è stato sconcerto tra i forcaioli per la condanna a metà di Dell’Utri. Non basta loro che il senatore sia condannato come mafioso, volevano mafiosa anche Forza Italia. Il “Corriere della sera” ha apre la prima, a firma Giovanni Bianconi con un: “Marcello Dell’Utri è stato condannato, Forza Italia assolta. Il senatore è stato amico dei mafiosi e «concorrente» nei loro reati, ma il movimento politico che ha contribuito a fondare non è il partito della mafia”. La mafia è un reato meno grave che Forza Italia?
Questa storia della mafia universale sarebbe ragione sufficiente per una lotta di liberazione dall’Italia. Che mette la mafia dappertutto, nell’aria, nell’acqua, nel sonno, e non per stupidità. Non gliene frega nulla della mafia, ma di coprire i propri sporchi affari con un ombrello più sporco: lo apre ora anche sull’Italia settentrionale.
La squalifica del Sud arriva tardi, con l’unità. Come la napoletanità, altro flagello, o i briganti, e ora la mafia. La squalifica delle parti è connaturata ai processi unitari moderni, alle nazioni. Nelle parole di Ernst Jünger (“Entretiens” con J.Hervier): “Il concetto di nazione quale è stato sviluppato dalla rivoluzione francese ha avuto conseguenze molto nefaste”. L’unità significa cassazione delle parti. Jünger conosce anche il segreto di nazioni che sembrano troppo grandi o diversificate e sono invece le più forti, come gli Usa: un impero è molto meglio (più fungibile, più democratico), di una nazione: “In un impero, ognuno può parlare la lingua che vuole, che sia il polacco o lo yiddisch, la sua lingua materna. Mentre in uno Stato nazionale bisogna che tutti parlino la stessa lingua, etc.” Ma la squalifica del Sud è eccessiva, e nasce da uno squilibrio: non è l’unità contro tutti i particolarismi, sono l’unità e alcuni particolarismi contro altri.
Il controllo del territorio
Noi siamo qui, in mezzo alla campagna, sotto il controllo dei carabinieri. Al cervellone del Viminale sanno tutti i miei spostamenti, il mese di agosto che passo in vacanza in campagna, nella casa di famiglia. Bisogna ogni tanto aprire le case, contro la polvere e l’umidità, e anche contro i ladri, la tentazione di rubare. E del resto la proprietà assenteista è un peccato, per questo viene tassata e occupata. Ma succede questo: che per undici mesi, in città, lo Stato si disinteressa di me, potrei trasportare droghe o armi o esplosivi, e magari innescarli. Ma nel mese di agosto mi controlla una volta la mattina e una volta la sera: sa così che sono andato in una certa direzione, e poi sono tornato. Il controllo di notte serve per dare drammaticità all’operazione, e per arrotondare con lo straordinario notturno.
Sono le piccole attività che si danno ai militi per tenerli in esercizio, come Alec Guinness faceva nel “Ponte sul fiume Kway”, cominciando da qui a insegnare loro il controllo del territorio. È un buon esercizio: scelgono le macchine targate Roma o Milano, e quelle fermano per i controlli: l’assicurazione è su queste macchine normalmente pagata, la patente non scaduta, e non vi si trasportano armi, nemmeno improprie, il rischio quindi è minimo, e il militate impara con tranquillità a leggere i documenti e interrogare via radio il cervellone del Quirinale. Non gli si può fare alcun rimprovero, sono istruiti a dire le frasi di circostanza, cominciano con buon sera e finiscono con buona serata, dopo aver inquisito con noncuranza: “Siete in vacanza?” C’è una stazione di carabinieri, con quattro o cinque militi, ogni piccolo paese, e non bastano le piccole denunce, una-due ogni mese, a tenerli occupati: ogni brigadiere comandante di stazione è un colonnello Nicholson che eroico inventa qualcosa per tenerli occupati e anche per esercitarli proficuamente.
Solo che Guinnes nel film lavorava per il nemico giapponese. Per quale nemico lavorano i militi dell’ordine pubblico? Come Norman Douglas una volta acutamente rilevò, questo Stato non fa fare le cose a chi le sa fare meglio ma chi più ne ha bisogno. Questi giovani moderni e bene educati hanno sicuramente bisogno di uno stipendio, che quindi volentieri gli paghiamo. Se si interroga dunque il cervellone del Quirinale, noi alle dieci di sera del 10 agosto 2010 siamo a un incrocio in mezzo alla campagna.
Le Legge sono al Sud i carabinieri. Che sono in ogni paese, più dei preti, e più verecondi. Quelli della stazione di Gioia Tauro presidiano spesso la stradina che porta alla grande spiaggia tra Gioia e Palmi, a Scinà, Pietre Nere, la Tonnara. Non all’incrocio della stradina con la statale, ma poco prima. Scelgono una delle macchine in fila e chiedono i documenti: la patente, la carta di circolazione e il bollo dell’assicurazione, di cui segnano i numeri minutamente in loro computer o registri, insieme con l’ora e la località. Scelgono di preferenza macchine dell’Alta Italia, con le quali il rischio d’infrazioni è ridotto. Forse per bontà: è la stagione delle vacanze anche per i CC.
Un po’ più su, all’incrocio della stradina con la provinciale, i carabinieri potrebbero agevolare il deflusso dei bagnanti, a mezzogiorno e la sera, evitando le code che tengono a lungo le famiglie in surplace nelle spiagge di provenienza, Scinà, Pietre Nere, la Tonnara. Ma la Legge si osserva controllando i documenti. Anche a Gioia Tauro, la cittadina con ha la più alta densità mafiosa per centimetro quadrato, record probabilmente mondiale - è probabile che anche il ghiacciolo al bar paghi il pizzo.
Si perpetua l'uso locale di segnalare la presenza della Legge agli automobilisti che precedono in senso inverso, con tre lampeggi o colpi brevi di clacson. Per un paio di chilometri dopo l'incontro con la Legge stessa, finché dura lo sconcerto.
leuzzi@antiit.eu
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