Governare, il tanto che sarà possibile, in vista delle elezioni, che ora si vorrebbero in primavera. Ma arrivarci con questo governo e non con quello di Napolitano, cioè di Fini. La nuova strategia, enunciata da Berlusconi, è stata elaborata d’accordo con la Lega nel vertice di Arcore. Bossi riservandosi il ruolo, che elettoralmente gli piace di più, di cane che abbaia. Nulla di specialmente ingegnoso, ma un ritorno alla ragione dopo le liti e le offese reciproche tra Berlusconi e Fini. Il che vuol dire anche, per la verità, che Berlsuconi torna a guidare e Fini fa la ruota di scorta.
Il percorso individuato da Berlusconi alla fine è stato quello che, senza le sue ire, era apparso ai più l’unico fin dall’inizio. Prendere per buone le assicurazioni dei finiani, governare, e lasciare a loro la responsabilità di una rottura. Mantenendo la litigiosità a un livello in grado di mobilitare gli aderenti e i simpatizzati, ma al di sotto della guerra totale (dimissioni, elezioni).
In un primo momento Berlusconi ha tentato l’affondo contro Fini sicuro che il presidente della Repubblica non sarebbe intervenuto. Napolitano si è sempre tenuto caro il governo eletto, e non ha corrisposto alle pressioni dell’opposizione per un ruolo attivo. Questo fino alla vacanza di Stromboli. Il terremoto nell’isola ha coinciso con una sorta di terremoto presidenziale: Napolitano non perde giorno né occasione per far sapere che è deluso dal governo, e Berlusconi infine ha capito
e deciso che doveva rendere impossibile la sua evizione da palazzo Chigi.
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