Fini annuncia che si dimetterà da presidente della Camera se l’appartamento di Montecarlo risulterà di proprietà del “signor Tulliani”. Ma poi non si dimette. Accusa mezzo mondo di malaffare, compresi i parlamentari (“sono uno dei pochissimi a non avere ricevuto un avviso di garanzia”). Accusa i servizi segreti di essere deviati, facendo finta di non essere stato lui a dirlo. Ha per l’isola di Santa Lucia, che comunque ha una sua dignità e sta all’Onu, un ghigno di disprezzo, molto razzista. Insinua: “Io non ho conti all’estero, a differenza di altri”, cioè di Berlusconi. Fonda un partito contro Berlusconi, cioè contro il governo e la maggioranza di governo. E manda due luogotenenti a dire ogni giorno che Berlusconi e i suoi rubano, corrompono e manomettono le leggi, cioè il Parlamento. Trascura di dire che ha raccomandato la suocera e il cognato alla Rai per due contratti in cambio di niente, due milioni di euro in un anno e mezzo. E vuole fare il presidente della Camera, che sarebbe I, un notaio. Ora, il fascismo è proibito per legge, e allora, com’è che Fini è il presidente della Camera? E, come lui si esprime, non “molla l’osso”.
I finiani si chiamano futuristi, che finirono fascisti ma si volevano senza partito. E anche questo concorre: com’è che dei senza partito presiedono la Camera?
Un discorso debole, quello delle mancate dimissioni. Anche perché nessuno dubita che la cognata e la suocera non siano quelli, non se li è inventati Feltri. Ma con la certezza dell’impunità. Il golpe continua.
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