Si rilegge Sherlock Holmes con interesse, ogni volta scoprendo altre curiosità. “L’uomo deforme” è la storia di David nell’episodio di Uria e Bethsabea, dichiara lo stesso Doyle con nonchalance, “al Libro Primo o Secondo di Samuele” – al Libro Secondo, 11-12. Il segreto di Sherlock Holmes e Watson è quello del romanziere: “Il ragionatore può produrre un effetto che sembra notevole a chi lo ascolta, perché questi ha mancato proprio quel piccolo punto da cui si dipana la deduzione. Lo stesso si può dire, caro amico, dell’effetto di questi suoi piccoli schizzi (Watson sta trascrivendo i racconti di Sherlock Holmes, n.d.r.), che è del tutto meretricious, dipendendo esso dal fatto che lei si tiene per le mani alcuni fattori del problema invece di spartirli col lettore”.
Si rivede invece Sherlock Holmes senza interesse. Conan Doyle, pure non molto curato e spesso ripetitivo, regge meglio dei suoi registi - l'effetto è all'opposto di Montalbano, che invece è soprattutto il personaggio dei film. Ne sono state tentate tante raffigurazoni ma nessuna regge.
Il famoso metodo è tutto in “Silver Blaze”, il racconto che introduce le “Memorie”: “Il problema è distaccare la cornice del fatto – dell’assoluto, innegabile fatto – dagli abbellimenti di teorici e reporter”, che specie negli eventi di grande richiamo abbondano, “una pletora di presunzione, congettura, ipotesi”. Il problema, cioè il metodo. E alla pagina seguente c’è la ragione di Watson: “Niente chiarisce un caso tanto quanto riferirlo a un’altra persona”. Senza contare l’utilità: il personaggio cronista elimina i discorsi indiretti, le ipotesi, i flashback, e altre noie della lettura.
Arthur Conan Doyle, Le memorie di Sherlock Holmes
venerdì 3 settembre 2010
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