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Céline, Hamsun, Pound – Furono criminali di guerra, non c’è dubbio. Ma perché i poeti sono così trasgressivi? Perché credono alle idee, fuori dai codici politici. Hanno la colpa di essere. E questo non è un bene?
Don Chisciotte – Saprofita della lettura. Essendo bersaglio (vittima) dell’autore.
Umberto Eco – Sparge buonsenso, ma ci copre punte velenose di sadismo. Contro l’univevrsdità di applicazione e ricerca un’iniezione di mediocrità, con ruoli aperti e ope legis. Contro la scrittura il fogliettone, o il gioco in forma di enigmistica. Contro il “dovere” dell’obiettività nell’informazione uno spreco di saggio pessimismo.
Fine Secolo – È realista. In letteratura e al cinema vanno i fatti. Fu così già nell’Ottocento, e nel Settecento. Poi ritorna la fantasia, il linguaggio. È un fatto scaramantico?-
Si fa nel rifiuto di sé, cioè dell’avvenire – è un fatto di paura? I progetta tori sono al meglio nel postmoderno, la copia, la conservazione, il restauro, il recupero. La filosofia è filologia, lo studio dell’origine e significato delle parole - un’ermeneutica come nostalgia, piccolo cabotaggio di consolazione. L’economia è avidità, arricchirsi, l’unica sua manifestazione sicuramente deteriore – l’economia è ambigua. E la religione spiritualità.
Freud – Bisogna in analisi far parlare il reale per eliminarlo? Dipende, più spesso succede il contrario. Quello che parla sempre di sé, e si atteggia nel teatrino dei sogni, è quello che si odia, che odia gli altri: più parla più s’incrosta. Parlare tradisce.
La sua realtà è iper, alla Warhol. E la verità è mito. Ben congegnato: proiezione di d esideri e racconto (favola, epos).
Germania – I poeti vi vogliono morire giovani, Günther, Novalis, von Kleist, Benjamin, Celan, Hölderlin a suo modo.
Heidegger - O della filosofia come sociologia, con le difficoltà della scienza positiva. I suoi ragionamentoi sulla teologia come scienza positiva si possono rovesciare sulla fenomenologia. Con la fenomenologia oggetto della filosofia diventano le sue categorie e il suo modo di essere. Metodologia e morfologia, non fatti, concetti – i escludono le cose dell’esistenza: cosmo, materia, tempo, passioni, politica… Che inevitabilmente (e il linguaggio ne è monstruum) prendono il cammino della “sistematizzazione (generalizzazione) incerta” proprio della sociologia. La quale se ne fa titolo, di ricerca e innovazione, ma dopo centocinquant’anni si può ben dire che non porta in nessun posto, se non a serie statistiche. Il nichilismo di Nietzsche e Overbeck è chiarissimo. Contestabile (perfezionabile), ma non ne è Heidegger l’interprete finale, il suo è il profondiamo dell’uomo di fumo, o imprecisione.
Un nazionalista culturale. Perfino limitato – è ben più liberale Gioberti, in fatto di ideologie nazionali e di primati. La filosofia tedesca è l’orizzonte e l’obiettivo, incorporandosi un po’ di filosofia greca. Non procede per innesti ma per chiusure, non una specificità o novità emerge dai suoi “Nietzsche” o “Hölderlin”, se non un senso di grandezza che è potenza.
La specificità culturale è tradita non dal cosmopolitismo ma dal nazionalismo. Il nazionalismo ne tradisce la fertilità, murandola in se stessa, la specificità culturale fiorisce nel pluralismo.
Ma è improprio parlare di specificità culturali per nozioni e scienze astratte, la matematica come la filosofia. Riferirvisi è già un primo limite.
Giallo – Parte con l’handicap, il morto. A un certo punto all’inizio bisogna metterci il morto, cioè un non personaggio. E attorno a questa zavorra far ruotare la vicenda. È inevitabilmente un genere cerebrale.
Illuminismo – Non avrà stufato perché troppo rimasticato? Sono brutte le idee di seconda e terza mano, tutte parole chiave e niente intelligenza. L’intelligenza vuole souplesse.
Joyce – È nella tradizione irlandese dell’oralità, dai “Dubliners”all’ “Ulisse” e a “Fnnegan’s Wake”.
“Finnegan’s Wake” è un a ricostituzione del vocabolario,sulle stesse tracce che hanno
Portato all’inglese quela è oggi, latino, sassone, francese, germanico, comprese le parole composte. È un tentativo, freddo come ogni sistemazione: in particolare per le parole composte alla tedesca.
È un esercizio in glossolalia, più esattamente in xenolalia. Nel gusto degli anni Venti: la realtà fatta dai suoni. Più he un eserizio babelico, di creazione attraverso la traduzione, è un composto fonetico. È sempre un’opera scrittain inglese, con incursioni relativamente modeste in altre lingue, ma è un inglese decomposto foneticamente e poi ricomposto.
In questo senso è anche una furiosa rivendicazione ariana (celtica) e materialista di una cosmogonia fonetica le cui origini sono invece esoteriche (mistiche), misteriche (Steiner e l’euritmia), semiitiche (Cabbala).
Nell’“Ulisse” dà corpo (materia) alle evaporate passioni urbane: vite coniugali, appartate e isolate, chiacchiere da pub, tempi e metodi della sopravvivenza organizzata, senza passato e senza futuro. Il mondo per il quale la storia è ridotta a genealogia.
Leopardi – Non fu felice perché lesse e scrisse molto? Il padre, la gobba, la campagna non gli impedirono versi di un a serenità ineguagliabile. Ma era troppo impegnato e non fu sereno. La frequentazione dei classici può essere sconvolgente, vedi anche Nietzsche.
Nietzsche – Un critico culturale – un giornalista quale era Dante per Joyce, inconclusivo quindi. Che ama l’espressione forbita e la stessa retorica. In cerca del sublime, che tanto spesso o evoca e auspica. Una miscela deflagrante.
Come Goethe che, dice in “Wagner a Bayreuth”, poetò per non essere riuscito come pittore, o Schiller che trasferì in teatro l’eloquenza popolare, e Wagner in musica un originario talento di attore, Nietzsche porta in filosofia un talento musicale. La sua logica è la musica, lo stile.
Pivot – Funzionava perché, oltre che ottimo attore-regista, alla Santoro,, coi tempi e i registri sempre giusti, usava il francese nella sua principale caratteristica, l’unità del linguaggio. Corrispondente all’unità (all’orgoglio) della nazione, attorno alla quale le distinzioni e perfino le polemiche, si propongono come aggiunte, si ricompongono. Si continua a ragionare anche in presenza di preconcetti evidenti e faziosità, come se si contribuisse alla verità: nel senso del’aggiungere (dell’arricchire) e non del togliere. Che è poi l’unico senso possibile della letteratura, sia esso uno stato di grazia o di fatica.
Proust – “Osare dichiarare” la propria critica a Proust, s’incitava D’Annunzio (“Di me a me stesso”, p. 195), uno che leggeva, annotava, ammirava.
“Ah, potessi scrivere come voi, Mme Straus!” – detto a quarant’anni. E giù pettegolezzi su come i “le” non possono vedere i “le”, e non li ammettono nel loro salotto, tutti personaggi “ini”, in un mondo “demi”, mondane, vergini, ricchi, nobili, ricostituito con lo psicologismo di cui s’ammantava la scrittura fine secolo. Uno stile cioè adeguato al mondo, che si richiama alla “petite” musica. È un Saint-Simon della borghesia delle professioni, come distinta da quelle della terra, del commercio, dell’industria, del denaro. Imitazione più ridicola che tragica: dei borghesi che non avendo il titolo si apparentano alla nobiltà che non ha le rendite.
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