Il libro dei veleni. In parodia doppia: il libro veleno, e la lettura ottocentesca (Eco è studioso di Dumad padre) del Cinquecento. La lettura realistica, cioè, del secolo che faceva la realtà con la letteratura. Parodia dunque del libro-romanzo in varie forme. A specchio del Novecento, secolo di parodie – anche nel nome: un’efflorescenza di parodie.
Ma le digressioni di Dumas, anche le più insensate, l’amante che non è amante, la cacca, i banchetti, le segrete, i complotti senza fine, si leggono avidamente. Quelle di Eco, la scolastica, l’Inquisizione, la geografia conventuale, la pubblicazione del libro, le gerarchie, non si leggono. È la materia che cambia tutto? I temi a largo pubblico, dei “familiari” come dei best-seller, sono intessuti di usi e costumi aristocratici, meglio se regali, di amori, vendette, malattie, destini impossibili, e non di filologia né di filosofia.
Dunque, un romanzo per gli happy few. Ma non è un romanzo di qualità, “scritto”. Ed è stato venduto a milioni di copie. È l’effetto di un buon marketing? Del nome e della simaptia di Eco? È il sangue di Cristo, o il Cristo sanguinante, come dimostra l’epigono surclassatore Dan Brown. In forma di rosa, croce, eccetera, l’esotico dell’esoterico.
Umberto Eco, Il nome della rosa
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