Giuseppe Scaraffia rifà sul “Sole” la storia degli impubblicabili della Prima Repubblica, Nietzsche, Jünger, Èliade, Céline, Tolkien, Zolla eccetera. Per colpa, dice, del ’68. Nietzsche? Drieu? Tolkien? Céline? Ma il ’68 non è venuto dopo, dieci anni dopo, venti anni dopo? Scaraffia, non abbia paura, ancora uno sforzo!
Tre bambini su quattro rifiutano la refezione scolastica, secondo un’indagine della Coldiretti. Ma è una cosa che si sa dal 1972, o 1974, dall’introduzione del tempo prolungato e dei consigli scolastici: chi ha avuto figli a scuola o vi ha insegnato sa che da subito, e poi sempre, il primo e unico problema dei genitori alle assemblee era la refezione. E che tre bambini su quattro buttavano, e buttano, il pasto tra i rifiuti – lo stesso pasto apprezzato dagli insegnanti. Forse in Italia il cibo è troppo importante. O forse l’inciviltà delle famiglie è grande – la democrazia è troppo recente. Ma perché tanti insegnanti fanno del tempo prolungato una battaglia di civiltà? È giusto tenere a scuola un bambino otto ore?
La scuola Pisacane di Tor Pignattara a Roma la preside Marciano voleva intitolare a Tsunesaburo Makiguchi. Dopo aver creato, suo fiore all’occhiello, due o tre sezioni di tutti bambini figli di immigrati.
Si fa di tutto per fare un dispetto alla Gelmini, che è cattolica, ministro di Berlsuconi, eccetera. Ma che pedagogia è creare un ghetto? Dove non s’impara niente se non a giocare? Una mamma italiana che ci ha provato dice sconsolata: “Mio figlio non sa fare un dettato. E su un’addizione passa una settimana”. Perché certe persone insegnano, invece di andare a tirare i pomodori alla Gelmini, che è una professione anche quella.
Makiguchi è un pedagogo giapponese. Di una nazione cioè che non emigra, e anzi molto ricca. La preside Marciano voleva intitolargli la sua scuola per esotismo terzomondista. Che è la peggiore ingiuria per un giapponese e per il Giappone.
“Senza la Calabria e mezza Campania l’Italia sarebbe la più ricca in Europa”, dice il ministro Brunetta. È vero. Ma perché? Cinquant’anni fa la Calabria non era così barbara com’è adesso. Inerte. Piena di pensioni sociali e lavoro nero. Di giovani presuntuosi e incapaci.
I giornalisti economici applaudivano l’Avvocato Agnelli ogni anno alla presentazione del bilancio. Come i giornalisti del Partito applaudivano Berlinguer, nel corso e alla fine del discorso – dividendosi per correnti poi, per D’Alema, Veltroni, eccetera: alcuni applaudivano, altro voltavano le spalle. I critici cinematografici applaudono o fischiano i film al festival di Venezia. E un po’ tutti inviano apprezzati contributi alla rivista di Piera Detassis, che dirige il festival di Roma, e contemporaneamente il servizio cinema dell’Ansa. Si capisce che il conflitto d’interessi non sia materia appassionante, la prevenzione cioè del conflitto. Ma il problema è: i critici applaudono perché sono italiani, o perché sono (ex) sovietizzanti?
Ieri la Cassazione dice che la loggia P 3 non sembra una loggia, e non è una P3. Oggi, venerdi, il giudice della P 3 diffonde una testimonianza di uno degli accusati contro Berlusconi. Uno che dice tutto e il contrario di tutto, e quindi che Berlusconi è il capo della P 3. Il “Corriere della sera” diligente sabato dedica a questa testimonianza una pagina, facendone la verità. Poi dicono che Berlusconi vince le elezioni. Criticando i giudici, come ha fatto a Mosca mentre il giudice Capaldo diffondeva i verbali.
“Se le andava cercando” dice l’onorevole Andreotti in tv dell’avvocato Ambrosoli, che
in qualità di liquidatore delle banche di Sindona fu fatto assassinare dallo stesso Sindona. Bonariamente, certo, Andreotti parla solo bonariamente, anche se nessuno di quelli a cui tira le orecchie poi gli sopravvive. Compreso Sindona, di cui pure era amico, nonché cobanchiere in Vaticano, per conto del papa luciferino Paolo VI.
Resta da sapere perché Andreotti fu lo statista del Pci di Berlinguer. Che nel 1984, proprio su Sindona e i conti vaticani, ne impedì la censura alla Camera uscendo dall’aula al momento del voto. E sì che Andreotti era ministro allora dell’odiato Craxi (sarebbe bastato uno sgambetto a Andreotti per far crollare Craxi).
Un solo Procuratore della Repubblica a Enna, per settemila procedimenti penali l’anno, 35 per ogni giorno di lavoro, in una zona mafiogena. Mentre a Trani, alla periferia di Bari, nove Procuratori si crogiolano aspettando d’intercettare il nome di Berlusconi al telefono.
D’Alema offre a Casini la presidenza del consiglio. In un centrosinistra senza Idv e senza Rifondazione. Non è uno scherzo, stanno trattando.
Fini dice Berlusconi “stalinista”.
Il processo breve prevede tre anni per il giudizio di primo grado, due per il secondo e sei mesi per il terzo. Uno che va sotto processo senza colpa due volte nella vita ci spreca insomma dodici anni. Ma questo non basta alle vestali della legalità, ai giudici cioè e a Di Pietro, Travaglio, Flores d’Arcais eccetera. Che legalità è questa?
Per la terza, o quarta, volta in un mese Cicchitto e Calderisi devono scrivere una lettera al “Corriere della sera” per spiegare i progetti di legge del Pdl, il loro partito. Non hanno diritto di presenza tra i redattori del politico del giornale?
Per la terza, o quarta, volta il direttore de Bortoli pubblica la loro lettera in evidenza, come un articolo. Nemmeno lui riesce a parlare con i redattori del politico?
domenica 12 settembre 2010
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