“La Russia comincia nell’anno 862. Ma il principio della Russia civile non c’è mai stato”. Era nel 1895 il dato di fatto del medico scrittore. Per un’anamnesi senza scampo, tra i tanti ragionamenti di progresso, socialista, laico, anarchico, tolstoiano, che riempiono queste paginette, per “l’ignoranza, la sporcizia, l’ubriachezza, l’impressionante mortalità infantile” che connotavano la grande massa del paese, irremovibile. C’è un mondo, una storia, al fondo della malinconia delle narrazioni cecoviane. I continui, quasi quotidiani, sovvertimenti degli sviluppi narrativi e dei caratteri si sono riassorbiti da questa grezza tela di fondo, l’uomo di buona volontà è il granello di un sorite tanto sordo quanto immutabile – poi, certo, Stalin distrusse la tela.
Anton Cechov, La mia vita
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