mercoledì 6 ottobre 2010

Rossi contro Renzi, l'Obama di Firenze

Il linguaggio è da guelfi e ghibellini, le manovre dietro le parole sono altrettanto pesanti che a quell’epoca, anche se non arrivano all’ostracismo delle persone, all’ostracismo fisico. Enrico Rossi, per dieci anni navigato assessore regionale alla Sanità, “l’uomo del rubinetto”, e dalla primavera presidente della Regione, capofila dei vecchi diessini, non passa giorno senza stringere un po’ di più l’assedio a Matteo Renzi, il sindaco di Firenze, che è dello stesso partito Democratico ma capofila degli ex Popolari. È scontro aperto Rossi contro Bianchi, anche se sul terreno infido dell’immobiliare.
Renzi lavora alla leadership del partito Democratico. Alla maniera di Obama. Ha costituito un’organizzazione di circoli per autofinanziarsi, preoara un'intensa attività online, e organizza un’assemblea di autoconvocati del Pd fra un mese. Il Rossi di nome lavora per ridare credibilità alla sua frazione del partito come “quella che fa”, che mantiene gli impegni, con la comunità degli affari. Incrinata dal blitz di Renzi sulla poltrona di sindaco a Palazzo Vecchio, e dallo stallo, con tintinnar di manette, del megaprogetto immobiliare nell’area di Castello, varato dalla giunte diessina che ha preceduto Renzi. Ieri, il giorno in cui il sindaco era a Roma a “Ballarò”, il presidente della Regione ha affossato il progetto Castello, che ora tocca a Renzi di gestire, e ha praticamente annesso quell’area all’ampliamento del contiguo aeroporto di Peretola. “Vogliamo riconquistare credito col mondo del lavoro e delle imprese”, ha detto.
È la novità del partito Democratico, e una che potrebbe essere non di contorno: le due anime del partito Democratico si affrontano scopertamente. Renzi al suo debutto nazionale con Floris ha voluto accreditarsi come buon amministratore. Ma punta molto sul rinnovamento totale, generazionale e politico. Rossi punta invece sulla gestione, il punto di forza dell’ex Pci (“con noi le cose si fanno”). Al punto da “mettersi in tasca”, caratteristicamente, la netta opposizione di Pisa e dei comuni della Piana fiorentina al grande Peretola, benché, o forse perché, amministrati dal suo stesso partito.
La partita potrebbe essere interrotta dalla Procura, ma il rischio è minimo. Il capo della Procura, che di nome fa Quattrocchi, sicuramente vigila. Ma ancora non è intervenuto. Cioè è intervenuto per accantonare le inchieste sull’area fabbricabile di Castello che avevano messo in crisi la vecchia giunta e il sindaco diessino Domenici (di quegli appalti indaga solo quelli in cui ricorre il nome di Dennis Verdini, l’ex spadoliniano oggi berlusconiano). Ma non ha mosso un dito contro Renzi. Anche perché il giovane sindaco evita di prendere qualsiasi decisione. Insomma Quattrocchi vuole vederci chiaro, è prudente.

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