Non un euro in due anni dal governo alla Fiat, ha detto Marchionne a Fazio. Anni di durissima opposizione dei padroni della Fiat, i fratelli Elkann, nei salotti e sulla “Stampa”, direttamente e tramite l’inverosimile Montezemolo. Divertendosi a magnificare Nichi Vendola e l’Italia dei diritti (“l’Italia della felicità”…) o l’Italia dei rottamatori, o il presidente Fini, che pretende di avere salvato la Fiat con i soldi degli italiani, tutte le scemenze che vanno in giro, e anzi creandone, tutto pur di mettere in difficoltà il governo. Questo come qualsiasi altro.
Marchionne, italiano cresciuto in Canada, non obietta ma non capisce – benché, anche lui, perché paga un così lauto stipendio a Montezemolo? La Fiat si sa ormai da qualche anno, potrebbe fare a meno degli stabilimenti italiani, guadagnerebbe dal cinquanta al cento per cento di più producendo in Sud America e all’Est. Resta in Italia giusto per mantenere, con l’immagine italiana, la quota di mercato, benché ridotta ormai al trenta per cento. E questo è l’unico dilemma di Marchionne. Che però per il resto, come si è visto da Fazio, non capisce bene, non con altrettanta chiarezza.
Se non le macchine, la Fiat potrebbe fare in Italia lo sviluppo tecnico: le tecnologie hanno ancora accesso ai finanziamenti pubblici. Ma non fa nemmeno questo. E il motivo può essere uno solo: la borghesia italiana non lotta per una macchina venduta in più, ma per poter “lavorare” liberamente ai suoi piccoli e grandi traffici, guadagnare senza lavorare. Da qualsiasi punto si rigiri la questione non si trova altra soluzione. Un po’ come i napoletani che vogliono solo costruire sotto il vulcano. Questi banchieri e “industriali” che rimestano in continuazione le acque per intorbidarle non hanno altro orizzonte che un po di finanza, di soldi gratis. Per i quali la “crisi continua” è opportuna. Non per altro i loro eroi soni i Montezemolo, Fini, Casini, quelli del “morto un governo se ne fa un altro”, indifferentemente tecnico, istituzionale, di solidarietà, a termine – meglio se di pensionati o giovani ruspanti come i famosi governicchi dell’onorevole Andreotti.
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