Giuseppe Leuzzi
Pasquale Villari due delle sue “Lettere meridionali” seconda serie, al direttore dell’”Opinione” di Firenze Alessandro Dina, intitola nel 1875 “La camorra” e “La mafia”. La prima è insuperata ancora oggi. Lo storico napoletano pone l’origine della camorra nell’abolizione del feudalesimo e nell’unificazione dell’Italia. Nell’uso spregiudicato dei camorristi come gestori dell’ordine e del commercio da parte di Liborio Romano, il ministro borbonico dell’Interno passato con Garibaldi, e dei nuovi amministratori. E nell’abbandono a se stessa della plebe da parte dello stato unitario. Mentre in antico la Corte, le grandi famiglie e i conventi davano di che vivere alle masse. C’era un equilibrio, seppure non produttivo. “Un primo colpo” questo equilibrio “lo ebbe dall’abolizione del feudalismo. Le grandi fortune si divisero, incominciò la piccola proprietà, e, per le mutate leggi, una serie di interminabili litigi innanzi ai tribunali. Molto se ne avvantaggiarono il ceto degli avvocati e la borghesia; ma la plebe si trovò come abbandonata, perché le scemate fortune non potevano facilmente aiutarla, e le nuove industrie non sorgevano”. Più tardi Villari osserva: “La legge suppone che il camorrista non faccia altro che guadagnare indebitamente sul lavoro altrui. Invece esso minaccia e intimidisce, e sempre per solo guadagno; impone tasse; prende l’altrui senza pagare; ma ancora impone ad altri il commettere delitti, ne commette egli stesso, obbligando altri a dichiararsene colpevole; protegge i colpevoli contro la giustizia… L’organizzazione più perfetta della camorra trovasi nelle carceri, dove il camorrista regna. E così, spesso si crede di punirlo, quando gli si dà solo il modo di continuare meglio la sua opera”.
Della mafia molto c’è di nuovo. Ma sulle origini è Villari ancora il migliore interprete: la mafia fa capo ai paesi vicini a Palermo, segnalava nel 1875, ai Monreale e Partinico, e cioè alla Conca d’Oro e al il Golfo di Castellammare, dove non esiste grande proprietà, e la piccola proprietà è dominante. La piccola proprietà che recinge la città, chiusa tra le sue grandi famiglie, domina il paese, in accordo con gabelloti, campieri e commercianti di grano, con l’usura e la violenza. La mafia nasce nella Sicilia orientale “dalle condizioni speciali della sua agricoltura”.
La mafia e il brigantaggio sono la conseguenza di una crisi sociale acuta: è tesi della Destra liberale, anticipata da Pasquale Villari in una delle sue “Lettere meridionali” del 1875, prima che della sinistra.
“L’unità d’Italia è stata per il Mezzogiorno un disastro”: Gaetano Salvemini.
Il magistrato scrittore De Cataldo pubblica un romanzo sui traditori del Risorgimento, e nell’occasione dice a “Repubblica”, a Curzio Maltese: “(Quello con le mafie) è il patto fondante di ogni potere. Il Sud e la Sicilia in particolare sono il laboratorio del compromesso, ieri come oggi e, tempo, domani”. Prima aveva detto, a proposito del terrorismo: “Nell’attentato bombarolo di orsini a Napoleone III, che non uccise il tiranno ma provocò otto morti e centoquaranta feriti, Mazzini non c’entra nulla. Si sospetta invece che c’entrasse molto il futuro presidente del consiglio Grancesco Crispi e si sa che Cavour diede soldi a Orsini e al suo gruppo”.
“Su una tratta di quell’enorme cantiere (la Salerno-Reggio Calabria, n.d.r.) ci sono stati 120 attentati”, denuncia il ministro dell’Economia Tremonti. Non ci sono i carabinieri?
L'odio-di-sé-meridionale
Verga prima di Corrado Alvaro: l’ideologia di vinti ha disfatto il Sud, se ancora ce n’era uno. Non c’è più pathos se non vittimista. Ciò tara la gioia, e quindi la gioia di essere, di fare: il riscatto.
Dei greci della Calabria e in Terra d’Otranto, “dove si parla un dialetto, ch’è assolutamente greco”, parla lo storico Pasquale Villari in una delle sue “Lettere meridionali” nel 1861. Ma giusto perché i tedeschi ne parlano: “Il Niebuhr aveva già notato questo fatto; più tardi qualcuno dei nostri canti popolari greci fu pubblicato in Germania; e vi furono anche dei dotti i quali pretesero sostenere che quello era greco antico”. Dotti anch’essi tedeschi, questa storia non riguarda l’Italia.
Da Pasquale Villari a Rosario Romeo il Sud scompare dalla storia d’Italia. A opera soprattutto degli storici meridionali. Un’appendice, purulenta.
Alvaro è ben più dell’odio-di-sé meridionale. È lo scrittore più cosmopolita del Novecento dopo Pirandello. Cosmopolita in senso proprio, non per carrierismo culturale alla D’Annunzio, Malaparte, Calvino. E perciò poco amato: la critica, anche accademica, è singolarmente provinciale.
Il cosmopolitismo non è di per sé patente di buona scrittura. Ma è comunque un motivo d’interesse in più. Che però non ha rilievo critico, a petto dei provincialismi: regionali, dialettali, familiari, generazionali. Tutti asfittici, domestici, chiusi. Anche da parte dei cultori di Proust e dell’espressionismo tedesco.
Sicilia
Terra di vulcani e terremoti. Di magnetismo forte.
Non è mai verità. Perfino Sciascia ha vaste riserve mentali.
Sciascia è manzoniano, quindi antimeridionalista: è narratore raziocinante, costruito. Come Manzoni, è il problema del potere che lo agita, non la violenza, o la bellezza, l’amore, la natura, la morte.
Dunque il governo Lombardo ter o quater in Sicilia esiste. Che sembrerebbe impossibile e perfino inimmaginabile, eppure è stato votato. Un governo Milazzo in formato minimo, con un ex Dc poi berlusconiano screditato, incapace di una sola iniziativa di governo in due anni, indagato per mafia con qualche fondamento, che mette insieme gli scarti di quattro partitini e si fa un suo personale governicchio. I voti li porta il partito Democratico. La voglia di dissoluzione in Sicilia e al Sud degli ex comunisti non ha confini.
L'onorevole Briguglio, che segue il fondatore Fini fin dal vecchio neo fascismo, saluta incisivo il Lombardo Ter, o Quater: "La terra di Sicilia può essere il granaio di Futuro e Libertà". Lo stile, quello, non muta: è sempre quadrato, incisivo. I democratici dovranno andare a scuola di (neo?) retorica.
Cosa manca? La costanza. Fare le marmellate per un secolo e mezzo, come gli inglesi, con gli agrumi della Sicilia. Un impero Sunsweet, costruito in California sulla prugna secca, è impensabile al Sud – è faticoso già pensarci.
leuzzi@antiit.eu
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