È un’epoca di cui comunque resta “La traviata”. Ma che paghiamo caro, a costo di noiose ripetizione, quasi una pornografia. Senza piacere, e anzi con qualche moralismo – le cortigiane finivano bigotte. Una sorta di “grande Bèri” a Parigi, col tiro a quattro invece dell’aereo pronto. Raccontare queste vite vuote dev’essere costato a Scaraffia, narratore amabile dell’Ottocento francese (si veda qui il medaglione Baudelaire), si sente che sbadiglia: il libro è singolarmente afflittivo, benché in edizione rinnovata, per essere una serie di schede sulle donne di piacere. Come se avesse avviato l’opera, pentito, sugli echi dei memorialisti dell’epoca che, con prudenza, s’incanaglivano: Gautier, un Goncourt o tutt’e due, Hugo, Lizst (altro tardo bigotto), Banville, Barbey d’Aurevilly, Baudelaire, purtroppo, e naturalmente Musset e Flaubert, che si rifacevano al bordello, con Sainte-Beuve. Le propone “maestre del desiderio”, ma presto dubita di navigare tra “le avventure esaltate dei romanzetti d’epoca”. Un genere frequentato in Francia, poco da noi, e con ragione - la dotta bibliografia cita un solo testo italiano, “Donne di piacere”, di Valeria Palumbo, 2005, uno più curioso sarebbe stato “Le amanti celebri” di Corrado Simioni, 1965. La tristezza prevale. Quando si dice, infine, che Reynaldo Hahn, l'amante di Proust naturalmente divinizzato, è l'erede testato di una di loro, "Méry" Laurent, insieme con Victor Margueritte per conto del defunto Mallarmé, ne era cugino, si viene a radicare molto sublime nella letteratura faceta fin-de-siècle, nella mediocrità - il massimo è lo champagne nello scarpino.
Giuseppe Scaraffia, Cortigiane, Mondadori, pp. 238, € 9,50
martedì 19 ottobre 2010
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