L’igiene porta alla pulizia, morale, religiosa, politica, etnica. Arcigni censori tengono il mondo pulito con grandi varechinate, lasciandosi dietro campi desolati. È l’ideologia del Novecento che perdura: fare piazza pulita.
È una storia, quella contemporanea, quella contemporanea dell’ex Occidente (Europa, Usa) che nasce dall’asepsi del dottor Semmelweiss. La quale aveva fini igienici e terapeutici. Ma è troppo bella, e anche semplice: chi non ha altro da dire, in politica, nelle idee, perfino negli affari, se ne ammanta utilmente. Senza però, questo è il punto, che il mondo sia più pulito. L’igiene è una sorta di copertura da cane rabbioso, senza altra virtù che la potenza dell’urlo e la minaccia del morso. E senza benefici se non, chissà, per il cane stesso.
L’Italia di dopo Mani Pulite, di dopo la questione morale della capitale morale, è più corrotta di prima. Anche molto più di prima, la corruzione sembra incontenibile. Si vada indietro di vent’anni e si troveranno molti codici etici aziendali, era la moda, in aziende dove invece si combattevano senza limiti e senza esclusione di colpi lotte terribili, anche fratricide, tra gli Agnelli nella Fiat per esempio, nella Rizzoli Corriere della sera di Cuccia, in Mediobanca dopo Cuccia.
Ma sempre i puri e duri hanno tralignato. Lutero. Calvino. Cromwell. Tanti rivoluzionari ammazzapopolo. Robespierre con la ghigliottina. Stalin, Mao, Pol Pot. Tra serbi, croati, bosniaci eccetera non si saputo ultimamente chi era più puro. Nel fango dell’antisemitismo s’incontra anche lo sfacelo morale dell’uomo buono: Céline, papa Paolo IV Carafa. E non si richiama esplicitamente all'igiene l'eugenetica, come già l'antisemitismo? E dunque che pensarne? Che un po’ d’impudicizia e incontinenza, se non di sporcizia, è utile se non attraente: protegge la bontà, e aiuta una qualche forma d’intelligenza.
domenica 7 novembre 2010
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