È stata la Siria a far scoprire alle autorità italiane il carico di sette tonnellate di esplosivo Rdx, destinate al movimento Hezbollah in libano, il 22 settembre nel porto di transito di Gioia Tauro, sulla nave portacontainer “Finland”, del gruppo armatoriale svizzero Msc, Mediterranean Shipping Company. La notizia, che se vera disegna un nuovo scacchiere del Medio Oriente, è suffragata da un ampio reportage che la giornalista libanese Hula el Husseini ha pubblicato sul giornale saudita di Londra “Asharq el Awsat”, ed è ritenuta credibile dai servizi segreti israeliani - se non è stata da essi originata. La Siria non sosterrebbe più Hezbollah in Libano, non nella sua attuale dipendenza dall’Iran. E conseguentemente non sosterrebbe più neanche l’opzione nucleare iraniana.
Questi i fatti. È stata una fonte siriana a segnalare ai servizi italiani il carco in transito a Gioia Tauro. Le informazioni di questa fonte siriana erano state raccolte a Damasco, al ministero siriano della Difesa. L’esplosivo era fornito e spedito dalle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Può servire da munizionamento per due missili di media gittata, l’M-302, che arriva a 150 km, e l’M-60, che arriva a 250 km, trasportando una testata di cinque quintali.
Una settimana prima Damasco aveva ufficiosamente protestato con Hezbollah per l’accoglienza troppo calorosa riservata ad Ahmadinejad, il primo ministro iraniano. E con Teheran per l’invio in Libano di un contingente di Guardie Rivoluzionarie. Dopo il sequestro dell’esplosivo a Gioia Tauro, i media siriani hanno accreditato l’ipotesi che sia stata una “polizia antimafia” italiana a operare la scoperta, insinuando che l’Iran e le sue Guardie Rivoluzionarie siano legate alla mafia.
L’episodio di Gioia Tauro può essere solo un richiamo al rispetto delle diverse sfere d’influenza. Ma potrebbe anche avere avviato un divorzio tra la Siria e l’Iran. La Siria è più che mai interessata alla pace con Israele, ed è impegnata a ottenere l’appoggio saudita nell’inchiesta internazionale (araba) sull’assassinio del primo ministro libanese Rafik Hariri nel 2005. In ogni caso non intende cedere a nessuno il protettorato informale sul Libano.
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