All'attacco, o all'assalto, segue in genere l'affondo. Mentre la guerra scoppia, dopo la polemica. La protesta è infiammata, la rivelazione una bomba, il potenziale esplosivo – questo si dice anche delle maggiorate. Il dissenso esplode senz'altro, o esploda la rabbia popolare - la rabbia è popolare. E si combatte, senza esclusione di colpi. Sul campo, che è sempre di battaglia, non ci sono discussioni ma scontri. Mentre l'avversario si difende in trincea, o contrattacca a caro prezzo, schierando le sue batterie.
Non c'è più il generale inverno nei giornali, ma il linguaggio è sempre militare, per la politica e per il calcio. Dalla guerra tra i giganti della destra, Fini e Berlusconi, a quella fra le due signore Carfagna e Mussolini, condotta sui balconi. Sprofonda si usa soprattutto per il calcio e i paesi esotici. Sprofondano in genere le costruzioni, i terreni soggetti a sisma e bradisismo, le persone nella disperazione, l’indigenza, la droga, eccetera. Ma nel giornalismo sprofonda il Chievo, il Porto Chiesa Nuova, il Toro. Oppure Gaza, il Libano, l’Irak. Le cui retrovie sono in genere nel caos.
Questo o quell'uomo politico, o il governo, o l'opposizione, lanciano spesso manovre avvolgenti. Che fanno molte vittime, oppure non fanno vittime, tra un ultimatum e l'altro, armistizi, e anche trattati di pace, sempre provvisori. Quando le armate, dell'una o dell'altra parte, non battono in ritirata. Tutto poi "mina", la fiducia, la maggioranza, l'opposizione, e anzi la mina è vagante. A volte colpendo nel segno. L'avversario è il nemico, che può essere respinto con perdite, ma sempre merita l'onore delle armi. Esplodono anche i contrasti, e le contraddizioni.
Nell'era senza guerre i giornali si adoperano perché non se ne perda il linguaggio? O non sanno che dire. L’altro linguaggio di questa Italia è il Grande Fratello, che il linguaggio ha depotenziato della sensualità, e perfino della turpitudine – indescrivibile, la realtà vi supera l’immaginazione, quanto il mondo sia piatto.
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