Pasquale Inzitari, condannato in primo grado a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa, ha creato una Fondazione Francesco Maria Inzitari, dal nome del figlio morto diciottenne. La ragione sociale della Fondazione è “diffondere l’etica della legalità e del vivere civile, in opposizione alla violenza delle organizzazioni criminali”. Sabato 13 novembre la Fondazione ha presentato un progetto di Scuola della legalità, per la diffusione dei temi antimafiosi nelle scuole. Alla presentazione ha partecipato il Procuratore aggiunto dell’Antimafia di Reggio Calabria, Michele Prestipino.
Francesco Maria Inzitari è stato ucciso il 5 dicembre 2009 da due killer con dieci colpi di pistola, mentre si recava a una festa di compleanno di compagni di scuola. Un anno e mezzo prima, il 26 aprile 2007, il cognato di Pasquale Inzitari, Nino Princi, fratello della moglie Maria, era stato ucciso in un altro agguato con un’autobomba. Fra le due morti i carabinieri hanno perseguito e fatto condannare Pasquale Inzitari per associazione mafiosa. Ma chi sono gli assassini di Nino Princi e Francesco Maria Inzitari non si sa e nessuno cerca di saperlo.
Pasquale Inzitari può essere un mafioso di complemento, come dice la sentenza di primo grado. È stato vicesindaco al suo paese in una giunta sciolta nel 2000 per infiltrazioni mafiose. Consigliere provinciale a Reggio Calabria per l’Udeur di Clemente Mastella, e candidato non eletto alle politiche del 2006, è stato fotografato dai carabinieri a Villa San Giovanni, a un convegno elettorale in albergo con capicosche mafiosi. Che abbia creato una fondazione per la legalità in memoria del figlio assassinato può non voler dire nulla: anche Francesco Nuzzo, l’ex sindaco di Castel Volturno arrestato oggi per associazione con la camorra, organizzava cortei per la legalità – e per di più è magistrato, sostituto procuratore generale a Brescia, e Democratico, dunque al di sopra di ogni sospetto. Può essere ininfluente anche la partecipazione ai lavori della Fondazione della Procura antimafia di Reggio Calabria, una distrazione. Però. Al processo d’appello, il Pubblico ministero ha chiesto la conferma della condanna per Inzitari. Ma ha chiesto anche l’assoluzione per Domenico Rugolo, cui Inzitari sarebbe stato associato criminalmente, che invece in primo grado era stato condannato a una pena doppia - Rugolo è il suocero di Nino Princi, il cognato di Pasquale Inzitari fatto saltare con la macchina.
In alternativa, si può pensare Inzitari il solito politico Udeur vittima della caccia alle streghe scatenata in Calabria dal notorio magistrato napoletano De Magistris. E infine si può pensarlo un politico-imprenditore di successo che non ha pagato il pizzo, o non l’ha pagato a chi “doveva”, o non ha pagato a sufficienza. Questa terza ipotesi è certa, gli Inzitari sono vittime di mafia, le altre due sono dubbie.
Gli Inzitari sono di Rizziconi, un piccolo paese di vasta imprenditoria, agricola e commerciale, il cui territorio insiste sull’area industriale e commerciale di Gioia Tauro, lungo la (ex) statale 111 Gioia Tauro-Locri. È in questa enclave che hanno creato nel 2007 il centro commerciale Porto degli Ulivi, subito diventato il punto di riferimento della ricca piana di Gioia Tauro, un bacino di circa duecentomila persone. un paese di molte iniziative agricole e commerciali. Pasquale è un politico oggi cinquantenne, Maria Princi un’imprenditrice del settore commerciale (abbigliamento, elettronica). Nino Princi, ritenuto la mente finanziaria della famiglia, era un uomo d’affari molto attivo, sempre in qualche compravendita (d’immobili, terreni, società, banche, quote azionarie, e squadre di calcio, per ultimo il Catanzaro, per “produrre” perdite). In questo giro rientra anche il Porto degli Ulivi, che ha avuto immediato successo ed è stato rivenduto al Credit Suisse per undici milioni – con una plusvalenza di almeno 3, e forse 5, milioni. Imparentato da un trentennio con Domenico Rugolo, prima condannato come capomafia e ora assolto, di cui aveva sposato la figlia Grazia, aveva trascinato anche il suocero nella sua vorticosa finanza: banche popolari, compravendite d’immobili e terreni. Ma nei limiti della legge, almeno che si sappia.
Nel processo a Inzitari e Rugolo si sostiene che il primo aveva bisogno del secondo per “contrastare l’invadenza” della cosca Crea, che nella geografia criminale controlla la zona di Rizziconi. Ma si sostiene anche che gli Inzitari sono associati alla cosca Crea – per questo lui è stato condannato. Sarebbe stato Inzitari, vice-sindaco nella giunta sciolta nel 2000 per infiltrazioni mafiose, a mutare la destinazione d’uso da zona agricola a industriale dell’enclave in territorio di Gioia Tauro, e quindi ad acquistare i terreni. Che appartenevano ai Crea, ai quali li ha pagati secondo la nuova destinazione, a prezzo maggiorato. Né Rugolo si può mettere in dissidio con i Crea, dato che nello stesso processo si dice che Domenico Rugolo ha cercato d’evitare l’arresto al vecchio Crea, il capocosca Teodoro, in una retata dei carabinieri, portandoselo via sulle spalle - Crea è disabile. Si dà inoltre per scontato che i Crea di Rizziconi sono alleati dei capicosca di Gioia Tauro, i Piromalli e i Mulé. E questa è l’unica circostanza nella vicenda in cui le mafie di Gioia Tauro sono nominate. Per il resto sono inesistenti. Sono, come già il capomafia Provenzano, confidenti?
È uno dei (pochi, pochissimi) misteri della mafia a Gioia Tauro, dove peraltro si paga “tranquillamente” il pizzo anche per un gelato, e forse per uno sbadiglio. Vista da fuori, la vicenda è una ritorsione di Gioia Tauro contro questa famiglia rizziconese di successo, che non pagava, o non pagava abbastanza. I carabinieri credono il contrario, che gli Inzitari-Princi siano mafiosi, siano entrati in una guerra di mafia con i capicosca di Rizziconi, i Crea, e siano perdenti. E sarà. Ma i delitti, chi li ha commessi?
Resta che non si possono dire i carabinieri schierati per i mafiosi di Gioia Tauro o di Rizziconi contro i mafiosi Inzitari - ammesso che gli Inzitari siano mafiosi, come i carabinieri vogliono. Ma si capisce perché della mafia non si viene a capo: per un secolo e oltre i carabinieri si sono rifatti delle mafie con i soliti ignoti (ladri, imbroglioni, contrabbandieri, ubriaconi), da alcuni decenni col terzo livello. Mentre si può uccidere liberamente: c’è in questi paesi gente che ha perpetrato liberamente diecine di assassini, cioè pubblicamente, e circola indisturbata.
Il terzo livello implica che si controllino minutamente le persone che non delinquono. Per vedere se non abbiano incontrato questi liberi killer al bar, o non abbiano scambiato con loro un saluto per strada, magari solo in risposta, e negare loro il porto d’armi, e possibilmente la patente, in attesa di un processone per concorso esterno a cui accomunarli. Ciò naturalmente monopolizza tutte le energie investigative.
Caro Astolfo per quel poco che capisco gli Inzitari sono invischiati fino al collo con la mafia in quanto parenti della cosca di rizziconi hanno attività commerciali nel centro (fatti un giro nei negozi) e molti dipendenti sono parenti di mafiosi. di cosa stai parlando?
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