Un voto occasionale, una delle tante manifestazioni antigovernative “fredde”, porta infine allo scoperto la vera natura della Rai. Su 1.438 giornalisti presenti alla manifestazione di ieri, ben 1.314 hanno votato contro il direttore generale Masi. Un ex Dc, messo a quel posto da Gianni Letta, ma nominato dal governo Berlusconi, e dunque un berlusconiano. Ma, a parte lui, non ci sono più berlusconiani in Rai: i votanti hanno levato un punto alla propaganda dell’opposizione. Ma soprattutto si conferma quanto si sapeva, che il 1989 per la Rai non c’è mai stato, né il 1992: la Rai è sempre cattolica e democristiana, anche se trova conveniente dirsi di sinistra.
Si sapeva che dei 25 redattori del servizio politico del Tg 1 prima di Minzolini, 17 erano di Casini, o 18, e il resto di Veltroni. L’assemblea di ieri conferma la preminenza dell’opposizione nell’informazione Rai, e all’interno di essa con tutta probabilità di quella casiniana, moderata ma non blanda (si veda Cristina Busi). Che a sinistra potrebbe essere una buona notizia, non fosse che questa opposizione è solo un arroccamento dello zoccolo duro democristiano, deciso a non cedere.
Di cui è specchio il linguaggio: chi ha il vizio di ascoltare le notizie alla Rai ha sempre l’impressione di essere tornato indietro nel tempo, all’ascolto della famosa Radio Tirana in italiano al tempo del regime, che si faceva allora per divertimento ma ora atterrisce – il Raiume sempre atterrisce, perfino quando parla del papa, o della povertà che ci affligge, noi poveri ricchi.
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