astolfo
Anarchici - È un fatto che erano killer a pagamento, manovrabili a piacimento senza sforzo. Anzi, sono stati killer e basta, nemmeno pagati.
Apartheid - È (non è morto) scandaloso ma non marginale. Gli Usa ne fanno il perno della diplomazia, i popoli dividendo in buoni e cattivi. O accettandone le divisioni, che è la stessa cosa.
È un accomodamento, di cui però gli Usa non vedono l’intrinseca falsità (debolezza): la partizione, per credo religioso o etnico, per razza, è la razionalità puritana, il bene è diviso dal male. O la mentalità del ghetto: il tribalismo riprodotto sotto specie culturali, religiose, eccetera.
Gli Usa hanno del resto tenuto in vita, nel loro enorme paese, più a lungo e più dettagliato che in qualsiasi altro posto o epoca del mondo, un sistema di separazione etnica, in orizzontale e in verticale, a vari livelli: tra bianchi e neri, tra anglofoni e latini, tra anglofoni protestanti e cattolici, nei confronti degli ebrei, tra ebrei orientali ed ebrei occidentali. Magari un giorno se ne vanteranno, il cosmopolitismo non è più “naturale” del tribalismo.
Borghesia– Poiché è per definizione un corpo non compatto ma osmotico, che prende dall’alto e dal basso, da destra e da sinistra, è adattabile, e quindi inattaccabile. Spiga il fascino del centro politico: la borghesia è il centro.
È una formula politica oggi, più che una classe sociale: la formula del governo debole. Sotto l’imperversare dei diritti, di ogni minoranza e di ogni virtù, e nella democratizzazione pulviscolare del parlamentarismo. I governi sono deboli perché esprimono questa borghesia, non per difetto d’ingegneria costituzionale.
Ha portato all’estremo la mendicità politica. Ne ha fatto arte di governo. E più nei suo rappresentanti più qualificati, alto borghesi, per censo o cultura: i galantuomini (notabili) non sottostanno a diritti e doveri, ricorrono alla protezione dell’amicizia. Da qui il laicismo (intelligenza laica, etica laica, finanza laica) in teso come massoneria: è buon borghese chi può fare affidamento su una solida rete di influenze.
Fondamentalmente è anarchica: non concepisce lo Stato, se non le serve. Essendo acquisitiva (monopolistica), ha un concetto dell’utilità sociale molto limitato.
Ma esiste qualcosa come l’utilità sociale a fondamento dello Stato? Solo in sue accezioni: come forma di una dinastia, di una nazione, della politica, e come cassa di compensazione redistributiva,
dalle clientele romane al welfare, figura quindi delle élites e delle masse.
Brest-Litovsk – Una vittoria, e che vittoria!, dei tedeschi perdenti. Il blocco tedesco, che ai primi di marzo ha già perduto la guerra, è rilanciato dal trattato con i bolscevichi – rilanciato verso Parigi. È la “porova” più evidente del Lenin inviato dai tedeschi.
Capitalismo– È protestante, si dice equivocando sugli studi di Max Weber sulle diverse religiosità del protestantesimo, per dire in realtà che il capitalismo è socialmente responsabile: la borghesia come razionalità. Lo si dice anche degli studi di Sombart sul puritanesimo, capitalismo compreso – ma è lo stesso Sombart che ha costruito una fenomenologia del capitalismo come spesa suntuaria invece che come thrift. L’idea, che si vuole protestante, che il successo negli affari (nella vita materiale, terrena) premi i buoni è, sia pure in ambito protestante, del darwinismo sociale del secondo Ottocento, popolarizzato dall’insorgenza prepotente degli Usa, con l’ideologia della Frontiera, “go to the West”, e con l’American Drean, o way of life della “classe agiata” di Veblen.
È sempre stato molto idealizzato in Italia, come un’etica superiore, quella dell’onestà e dell’accumulo, o del risparmio. Un’etica anzi trascendentale, o un kantismo volgare, col capitale interprete del buono e del giusto. Non così dove la borghesia governa senza nascondersi (camuffarsi), come negli Usa e in Gran Bretagna: qui si sa e si riconosce legata agli affari.
Col primato protestante (qualcosa del genere c’è in lui, benché storicizzato), Max Weber s’immette nel filone ottocentesco dei primati, sottostante al nazionalismo. È la stessa traccia che segue il darwinismo sociale del reverendo Strong negli Usa col wasp, la superiorità del protestante bianco, o del mito rapidamente costruito della Frontiera. In questo senso l’analisi di M.Weber è – nella misura in cui lo è, in cui si lascia trascinare – doppiamente fasulla: che primato è, quello dello “spirito” capitalistico? È un’invenzione pratica, la scoperta della penicillina? È una virtù?
Si rapporta alla Riforma in quanto si confonde con la libertà politica. Il liberalismo non è il diritto al dissenso (tolleranza) né quello alla proprietà (borghesia). Nasce dalla Riforma, come movimento religioso e come movimento politico (contro l’impero, l’unità della società politica). La libertà è un diritto incomprimibile, quindi non “tollerabile”. E si può accompagnare all’uguaglianza, quindi fare a meno della proprietà. L’equivoco – unicamente italiano, una baggianata – è di identificare capitalismo a libertà politica, e quindi dire: Weber, capitalismo e sette protestanti, eccetera. Mentre il capitalismo è anche, lo è stato pure prima della Riforma, ben cattolico. E la libertà politica è ben difficile che lo sia.
Centro– È all’interno del labirinto. Ne è il cuore.
Non profit – È lavoro socialmente utile, il “terzo settore” di Rifkin, nel senso che ne beneficiano gli sfavoriti. Ma organizzativamente è lavoro servile – non qualificato e non retribuito, se non bonariamente. Si completa, in dolcezza, lo scardinamento delle difese del lavoro.
Res Publica– Concetto superato, se l’interprete di Cicerone è Andreotti. Ma già Cicerone…
Sessantotto – È stato una rivoluzione antropologica, di pedagogia, famiglia, sessualità, sessi, lavoro. E ha affermato la letteratura se non la poesia – la fantasia, l’autonomia dell’individuo - nella vita. Non è stato politico. Cioè, lo è stato in quanto ha dissolto la politica: il Parlamento, i partiti, l’impegno, le istituzioni sono stati ridotti a simulacri – alla merce dell’informale, invasiva, confusionaria anche, opinione pubblica. Non li ha scoperti, si sapeva già che erano una convenzione sociale: li ha resi insignificanti e marginali. Più spesso autoreferenti, e quindi corrotti – la corruzione dopo il movimento dilaga.
Tangentopoli - Una dittatura della giustizia, si dice, non è possibile. Ma una dittatura dei giudici sì. Sia pure sotto forma di sbirri. Che la giustizia privilegia.
astolfo@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento