sabato 27 novembre 2010

L’opinione pubblica al tempo di Berlusconi

La sfasatura, anzi la cesura, tra l’opinione pubblica e il voto sarà stato il fatto politico di questi quindici anni. Berlusconi ha prevalso al voto contro l’avversione costante dei media: l’Ansa, la Rai, Sky, La 7, e il novanta per cento dei giornali, compresi quelli del gruppo Riffeser-Monti, con commentatori, comici e scienziati politici. Per Berlusconi solo i giornali di proprietà, meno di mezzo milione di copie su sei milioni vendute giornalmente, e i i tg di Mediaset, peraltro poco schierati. Questo sito ha già proposto l’ipotesi che Berlsuconi vinca, malgrado tutto, proprio perché sfida l’opinione pubblica (“Se l’opinione pubblica si ribella, con Berlusconi”, http://www.antiit.com/2010/11/se-lopinione-pubblica-si-ribella-con.html). In prossimità di un’elezione anticipata il giudizio politico su Berlusconi deve restare sospeso, ma l’inefficacia dell’opinione pubblica è un fatto, e ha delle ragioni evidenti.
Una è l’appartenenza dei giornalisti delle maggiori estate private, dell’Ansa e della Rai ai partiti politici di centro-sinistra. Di cui riflettono la crisi di uomini e di idee. È un’appartenenza che rientra nella sfera della libertà d’opinione e quindi inoppugnabile. Se non fosse connessa a interessi concreti dei partiti. Che si riflettono in una classificazione a carattere censorio, una sorta di schedatura, dei giornalisti da parte dell’ex Pci, che il Pd ha mantenuto. E nella gestione delle carriere all’interno dell’Ansa, della Rai e dei giornali. Nella Rai a opera del management, all’Ansa e nei giornali a opera del sindacato dei giornalisti, che vi esercita un forte e reale potere di cogestione, nella Rcs anche formale.
Questi media tenuti a briglia corta dalla politica non possono d’altra parte non risentirne le debolezze. Si possono qui evitare i dettagli, il fatto è evidente. È l’illegalità della giustizia, da un paio di decenni tempi di Scalfaro dichiarata, che ogni cittadino realizza giornalmente. È l’indigenza politica della sinistra, che non ha accettato la caduta del Muro (non ne ha fatto politica), e dell’immarcescibile centro del vecchio potere democristiano, così diffuso nell’amministrazione, a tutti i livelli, e negli enti, gli ex enti economici e la Rai. Fazio che fa una trasmissione in favore dell’eutanasia è nel suo pieno diritto di fare opinione. Ma chiunque altro, su una televisione pubblica, e una come la Rai, che pesa per il 50 e più del mercato, avrebbe ritenuto più consono alla libertà d’opinione anche l’opinione contraria. La scarsa qualità del giudizio è in diretto rapporto con la “protezione” politica, nei contratti e in carriera.
La cifra di questa sinistra senza argomenti, e quindi dell’opinione pubblica (conduttori, comici, commentatori, e perfino le veline de talk show, indimenticabili la Jebreal e la Borromeo) è l’indignatio. Contro il paese più che contro Berlusconi: fascista, sudamericano, corrotto, concussore (Berlusconi, in quanto produttore televisivo e editore, beneficia caratteristicamente in questa indignazione di un’area di affettuosità, se non di rispetto: e la ragione è che è lui che tene alti – non senza ragione: è lui che ha alzato e tiene alti i cachet televisivi, e vende le centomila o il milione di copie).
Altrettanto rilevante è una terza ragione dell’ineffettualità dell’opinione pubblica: in Italia l’opinione pubblica è molto privata. Compresa in un senso anche la Rai, in quanto feudo di un management indefettibilmente democristiano, in parte convertito ultimamente al Pd – Paolo Ruffini, il manager più radicale della Rai, è un democristiano, figlio e nipote di politici democristiani non illuminati. La Rai è privata cioè non nel senso degli interessi economici ma di quelli politici di parte. È il fenomeno per cui, ascoltando l’informazione Rai (i giornali radio e Raisat in continuo nella giornata, e i tg, per quanto lottizzati) lo statista di questi anni è Casini.
In senso proprio è privata l’informazione di cui la leadership è di Carlo De Benedetti, forsennato giocatore di Borsa, che i figli hanno dovuto espellere dagli affari, e di Giovanni Bazoli, monopolista della finanza (banche, banche d’affari, finanziarie e assicurazioni), che danno il la giornalmente su ogni argomento, anche minimo, la pagella della Gelmini, l’opposizione di Oddo (è un calciatore).

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