Torna la Fiat che “fa il bilancio”? Marchionne ha smentito, e per ora è lui al comando. L’Alfa Romeo non si vende, la Ferrari neppure, neppure in parte, e la Magneti Marelli neppure. Quest’ultima è un gioiello, cui la Fiat deve quasi tutto ciò per cui è ancora sul mercato, ed ha appena inaugurato un grande impianto in Russia. Mentre della Ferrari la Fiat ha appena rilevato un 5 per cento, che la porta al 90 per cento.
Dunque, non si vende, Marchionne avrà la meglio. Oppure si vende ma non ora, le voci non sono infondate. E trovano radici in una pratica trentennale, seppure abbandonata negli anni di Marchionne: quella di fare il bilancio abbellendo le poste (window dressing) e quando necessario vendendo qualche pezzo che consenta una plusvalenza. “Quando necessario” vuol dire praticamente sempre negli anni dell’Avvocato e di Cesare Romiti: ogni anno vendevano qualcosa, e con le plusvalenze pagano il dividendo alla famiglia, mentre l’automobile andava alla deriva, fra motori spompati e carrozzerie coi buchi.
Marchionne ha infine capito che la Fiat può resistere solo se il prodotto resiste, e un paio di nuovi modelli è riuscito a vararli. Ma è pur sempre un uomo di finanza. I famosi otto miliardi, o dieci, o quanti sono, d’investimenti sempre li annuncia e mai li avvia. Mentre ha comprato la Chrysler, una scommessa puramente finanziaria. E ha scorporato fiat Auto, altra operazione puramente finanziaria: oggi, certo, la Fiat Auto e il resto del gruppo valgono ognuno un po’ di più divisi che sommati insieme. Ma resta sempre il dubbio: per fare che? Forte di questo dubbio, e dei precedenti, il mercato correttamente scommette in un bilancio "fatto" in tre mosse: subito la quotazione di Ferrari, per salvare il bilancio 2011, l'anno dopo Magneti Marelli, e l'anno successivo l'Alfa Romeo - che è l'unica delle aziende del gruppo a miglorare le performances (è l'unica ad avere un modello nuovo...). Oppure prima la fusione con Chrysler e dopo la vendita dell'Alfa.
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